sabato 27 aprile 2013

zero dark thirty


ebrei, addetti ai lavori e giurie prezzolate non devono avere molto a cuore james cameron quando esce con il film più importante dell'umanità ogni qual volta ne realizza uno, incassando per altro miliardi di dollari; all'uscita di avatar dovrebbe fare incetta di oscar perché la pellicola era l'unico evento dell'anno, ma all'academy la bile travasa e go go ripikka: the oscar goes to the hurt locker, già in concorso l'anno precedente, "film" parossistico privo di trama, dai tratti documentaristici, dell'ex-moglie bigelow. non solo non vince james, ma vince la sua costola, colei che lui ha raccolto dal fango ed ha plasmato e reso cerebro pensante. non è un caso che i migliori film della bigelow siano arrivati quand'era sposata con cameron. infatti, tendo sempre a ricordare che il regista di strange days e point break sia james bigelow, un grande regista. prima e dopo, lei, ha diretto sempre e solo pattume. dopo l'oscar, chiaramente, per qualche anno camperò di rendita come è accaduto a chiunque nella storia, così la CIA ora le commissiona questa buffonata. secondo quest'opera di fantasia, non hanno preso bin laden estorcendo confessioni mediante la tortura, bensì grazie alle intiuzioni sagaci della roscia presente ne il debito (film patrocitato da ebrei in cui degli ebrei e la CIA cercavano gerarchi nazisti per portarli in israele: sono solo coincidenze), e poi alla fine si solleva una piuma bianca nel cielo, parte l'assolo di violino, houston il problema è risolto, applausi, god bless america, lacrime, fade out. dalla striscia di gaza le caprette gli fanno ciao. attendiamo la stesura finale della sceneggiatura king jong-un esci le bombe se hai coraggio e ahmadinejad nun te temo, sempre affidate alla sapiente regia di una coraggiosa e demogratica bigelow. 

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