giovedì 23 maggio 2013

il comandante e la cicogna


fortunatamente silvio soldini ha smesso di farla fuori dal vasino per tornare all'ovile. col ributtante giorni e nuvole ammorbava l'italia con l'ennesima tirata sul precariato, malriuscita perché totalmente priva del suo marchio di fabbrica (ironia, toni fiabeschi, buoni sentimenti, persone semplici, drammi accolti con serenità) oltre che semplicemente fuori tempo massimo ed alla canna del gas (ancora con margherita buy che grida??); col penultimo cosa voglio di più lo si comprendeva ancora meno perché abbandonava temi insulsi come il precariato, ma che comunque fanno botteghino, in favore di un dramma tra le lenzuola e storie di tradimenti che lasciano il tempo che trovano e sulle quali non mi dilungo ulteriormente (ci son già i linche); con questo torna all'ovile.
agata e la tempesta fece da spartiacque tra la prima parte della sua carriera, quella illuminata grazie a le acrobate e pane e tulipani; e la seconda, quella fulminata, ovvero i due di cui ho parlato all'inizio e che affrontavano (male) temi a lui non congeniali, almeno dal punto di vista della resa finale. capivo benissimo la necessità di cambiare: dopo due bellissimi film, soprattutto pane e tulipani, con agata continuava a ripetersi togliendo gli strati di profondità, lasciando solo la componente ironica e ludica; a quel punto il passo era brevissimo per reiterare all'infinito il disco rotto come fanno in tanti, diventando sterile immagine di se stessi. per cui io la necessità o voglia di cambiare la capivo. non comprendevo quel vomito come risultato, ecco.
dopo due tentativi uno più fallito dell'altro, ma dai risultati buoni/discreti al botteghino, è tornato all'ovile: prima era licia maglietta, ora è valerio mastandrea ad andare alla deriva adagio e con serenità tra l'italia piena di contraddizioni che non lo facilità e le complicanze della famiglia. tutto è al suo posto e laddove c'era bruno ganz a dispensar aforismi tanto graditi a soldini, oggi è quel grassone di battiston. tutto esattamente al suo posto, tutto come sempre, forse niente di nuovo. forse, perché mentre negli anni '90 silvio era libero dalle mode (a nessuno fotteva di parlare del precariato per forza, nonostante ci fosse eccome; a nessuno fotteva di mettere per forza le nevrotiche urlanti nei film, nonostante ci fossero, eccetera) e creava un capolavoro come pane e tulipani, o un film molto gradevole e puramente ludico come agata, ora mostra le cose da un'altra prospettiva, filtra tutto il gioco e la fiaba dei suoi due capolavori attraverso l'attualità degli avvocati che una mano lava l'altra, gli appalti truccati, i soldi all'estero. si vede che la sua situazione sentimentale ha trovato stazione amena, quindi ha ritrovato la sua ironia: mi fa piacere per lui.
non vale un unghia di pane e tulipani, non mi ha divertito giocosamente come in agata e la tempesta, ma è un film risciuto.

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