venerdì 24 maggio 2013

effetti collaterali


steven soderbergh è bravo e astuto: sa che channing tatum non vale molto più di nulla ed in un film del genere (thriller, lui agente di borsa del lato oscuro) risulta credibile così come uno scilipoti in politica, quindi lo fa morire dopo una ventina di minuti, contribuendo a rendere più credibile il film. jude law può tenere in piedi un film del genere, il ballerino no.
il soggetto è tumultuoso, la storia ha parecchie svolte narrative e colpi di scena e ci si scopre sinceramente ammirati durante la visione, però alcune delle caratteristiche precipue di steven sono dei veri e propri difetti: a volte, nonostante la regia rigida, si concede scelte da chi vuole darsi un tono piuttosto che mettersi al servizio dello spettatore; lui ci tiene sempre a fare bella figura, ci tiene ad essere protagonista, non si fa da parte. per come vedo io il cinema, questo è un difetto perché si sconfina dalle parti della maniera, dell'accademia. ad esempio, per rimanre nel film d'autore e per darsi arie, evita di sconfinare nel thriller seriale anni '90 dando più ritmo al film ed usando la musica come supporto al film: certo, avrebbe creato un prodotto di genere, più "umile", mica no, ma almeno non avrebbe annoiato. l'incedere del film, nonostante il soggetto potente, è fiacco, lento, ed in sala gli spettatori tendono a prender sonno (a me è capitato prima della metà del film, alle prime avvisaglie dei volatili per diabetici di jude law): certi han proprio dormito, ronfavano. è vero che la storia era potente ed i colpi di scena non mancavano, ma steven ha scelto con cognizione di causa di evitare un crescendo per la suspence, evitando d'arrivare al climax, evitando il TA-DAAN!, evitando il rullo di tamburi, e questo trovo sia davvero un difetto, perché lui era sempre lì a sbattere in faccia: sì, sono io che ho deciso di non far montare la panna come si deve né di farla smontare. oltre a ciò, il difetto più grande e credo sinceramente poco opinabile è il finale: definirlo sbrigativo è dire poco, nel giro di pochissimi minuti si sistema tutto e amen. ed arrivare ad un finale di quel genere, sveltissimo, dopo ben DUE ore di film a tratti soporifero e senza aver fatto montare la suspence a dovere, anche con "trucchetti" del thriller di mestiere, contribuisce a rimanere insoddisfatti, quindi ci si rompe i coglioni (per chi li ha). ed è davvero un peccato, perché il soggetto era davvero portentoso, si toccavano tanti e tanti argomenti e si potevano sviscerare discussioni su discussioni. in sostanza, steven soderbergh è un vero coglione, e se dice di voler smettere col cinema limitarsi a farlo, perché il fatto che si sia "stancato di fare film" (come dicono i suoi amici) è qualcosa che si vede.
per ultima cosa, banalmente infastidisce perché davvero non tollerabile (non è plausibile, non è credibile) vedere i personaggi accogliere su di loro tutte le brutte cose che gli accadono col trasporto emotivo di una puttana negra con un cliente: il mondo gli cade addosso, e loro sembra stiano sorseggiando il tè, se son proprio adirati al massimo si concedono uno sguardo torvo, ma di più non fanno: poche minacce, assenza di parolacce, assenza di grida. questo accade perché il regista ha detto loro di non caricare troppo i ruoli, di rimanere più distaccati, asettici, così il prodotto risulta autoriale, di classe, eccetera. ma per un prodotto autoriale, di classe, che sia teso a sfoggiare maestria, be', bisognava chiamare roman polanski

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