Visualizzazione post con etichetta a come politica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta a come politica. Mostra tutti i post
martedì 25 giugno 2013
shooter
i film con mark wahlberg di solito mi piacciono, questo in più aveva una storia da acquolina in bocca (mark è un marine deluso dagli stati uniti d'america perché nel momento del bisogno è stato abbandonato nel merdistan, dunque si è ritirato a vita privata in montagna a sparare ai cervi e parlare col suo fedele cane; il governo ha di nuovo bisogno di lui, che è il cecchino MIGLIORE DEL MONDO, per sventare un attentato al presidente degli stati uniti d'america DEL MONDO), però è tutto troppo prevedibile. oltre a ciò, il budget non regge il ritmo della storia ed a sua volta la storia non regge il ritmo in senso stretto. traduco: o servivano più soldi, o servivano più svolte nella trama, che è troppo lineare. alcuni spunti divertenti ci sono: il cattivo è un membro del congresso degli stati uniti, stato del montana, ovvero un grasso guerrafondaio che fuma sigari, ha la risata catarrosa, va in giro con le armi e trasuda cinismo e cattiveria da ogni poro, però è molto poco sfruttato ed il film ne risente eccome. è moscio.
comunque, un aspetto positivo ce l'ha: gli scontri, gli appostamenti del cecchino mark, etc sono stati lo spunto per call of duty.
Pubblicato da
vanessa
alle
martedì, giugno 25, 2013
Etichette:
a come politica,
a come thriller,
a come violenza,
s
sabato 22 giugno 2013
the bay
barry levinson passerà alla storia del cinema per aver diretto good morning vietnam, con robin williams, ma di film di alto livello ne ha girati più di qualcuno: tin men (lo raccomando a chiunque, è divertentissimo), rain man, rivelazioni, sleepers. per il resto cose egregie ma non da tramandare né raccomandare caldamente, solo cose oneste e degne di un mestierante, da consigliare solo a chi soffre di bulimia (presente). questo fino a 10/15 anni fa, perché negli ultimi 3 lustri ha girato solo stronzate: l'invidia del mio migliore amico (se non il peggior film con ben stiller poco ci manca), l'uomo dell'anno, disastro ad hollywood, ed ora questo. l'aggravante di quest'obbrobrio, a differenza delle altre stronzatine anonime è che qui non solo non siamo dalle parti dell'americanata da noleggio senza pretese, bensì le pretese sono altissime. la trama entra in un singolo lembo di carta igienica che viene dalla guerra fredda: gli imperialisti (non si precisa chi) e le multinazionali (non si precisa quali) hanno un solo interesse: fare soldi. così tutti fanno finta di nulla quando accade un incidente nucleare che sversa merda nel mare, precisamente in una baia; per di più un'azienda di pollame deposita tonnellate di escrementi di polli, che sono pieni di steroidi per far crescere i polli, e quindi... (rullo di tamburi) dei normalissimi pidocchi marini presenti nel pesce crescono grazie agli steroidi per colpa dei mutamenti genetici. ne consegue che il comunismo è l'unica soluzione e le multinazionali e il nucleare sono cose sbagliate, così come bush, berlusconi ed il giornale, go vegan.
solamente i mongoloidi del movimento 5 neuroni, coadiuvati da qualche tossico uscito da un centro sociale a caso, potrebbero accettare simili idiozie senza sbellicarsi dalle risate per il comico-involontario per poi mandare tutti a fanculo. negli anni '80 queste cose venivano girate, ma l'intento era girare B-MOVIES per far ridere la gente, non documentari senza sceneggiatura pretenziosissimi, credibili e seri come roberto faenza.
Pubblicato da
vanessa
alle
sabato, giugno 22, 2013
Etichette:
a come 2 ore buttate,
a come documentario,
a come politica,
a come splatter,
b
giovedì 13 giugno 2013
romanzo di una strage

quando, invece, come in questo caso, giordana si dedica al cinema d'inchiesta tout-court, finisce per annoiarmi per varie ragioni: la prima è che è una zecca di merda ed i suoi film, così come tutte le zecche, sono di parte, lontani dal rispetto per la democrazia, lontano dalla verità, ammantati da cazzate moraliste d'accatto del "volemose bene" e "coccoliamo i negri", come sono soliti fare quegli sporchi parassiti che ammorbano il nostro paese; la seconda ragione è che questo particolare settore del cinema italiano, settore che reputo nobile e che seguo assiduamente, ha dato il meglio 40 o 50 anni fa, di certo non oggi. se 40 anni fa, mentre accadevano fatti deprecabili, dei registi coraggiosi sfidavano il potere (le virgolette qui e altrove aggiungetele voi) raccontando quel che accadeva a loro in quel preciso momento storico, servendosi per altro di autentici mostri come gian maria volonté, il risultato era questo: ammirare dei film potentissimi, che mietevano premi in lungo e in largo in europa e nel mondo (non le cazzatelle come i david donatello che vince giordana, per capirci), e tantissime persone finirono per ammirare e ricordare certi prodotti per decadi intere.
giordana, invece, siccome non ha attributi ed è il solito comunista che guarda al passato col broncio mentre indossa una giacca a quadri con le toppe sui gomiti (sospetto abbia anche la forfora), non racconta ciò che accade di brutto oggi, bensì quello che accadeva in quegli anni, di fatto "scontrandosi" con nessuno, perché a nessuno fotte sega di vedere un documentario su piazza fontana quando qualsiasi italiano che non sia ritardato o under-15 sa già benissimo tutto riguardo l'accaduto. potrebbe girare un film d'inchiesta sull'ilva a taranto, magari una cosa tipo erin brockovich per capirci, con tanto di attoroni internazionali, ed il mondo guarderebbe a noi e lui otterrebbe premi e chi di dovere lì a taranto magari (forse) stringerebbe le chiappette (spero che tutto il marcio che stan perpetrando a taranto ricada su di loro, non sulla loro stirpe: su di loro). questo perché lottare contro il potere presente vuol dire avere attributi ed acquisire valore storico, oltre che meramente cinematografico (se si hanno le capacità, chiaro); al contrario, "lottare" contro il potere di 40 o 50 anni fa non vuol dire nulla, perché la verità è che oggi a nessuno frega un cazzo di quel che è accaduto al povero pinelli. a qualcuno ancora ancora interessa qualcosa dell'ilva, dunque avrebbe più senso parlar di quello.
tutto questo è un vero peccato, perché il cast comprende mastandrea, colangeli, gifuni, tirabassi, zingaretti, favino, michela cescon e lo cascio, ovvero più o meno tutto il meglio che l'italia può offrire.
Pubblicato da
vanessa
alle
giovedì, giugno 13, 2013
Etichette:
a come documentario,
a come politica,
a come storia,
lo cascio,
mastandrea,
r,
volonté gian maria
mercoledì 5 giugno 2013
veronica guerin
avere a disposizione come protagonista cate blanchett ed imbruttirla facendole indossare abiti maschili, fa la giornalista d'inchiesta, e mostrandola con un taglio di capelli orribile è una scelta pessima: non sfruttare la potenza della sua bellezza è un delitto. la trama in teoria non è male: in irlanda una giornalista determinata nella ricerca della verità non si piega davanti i criminali né davanti i potenti, solo che veronica guerin è diventata famosa col senno del poi (...) ed il film è dedicato alla sua memoria. dicevo "in teoria" perché in pratica la resa del film è pessima e fa passare una svolta come la sua morte come bere un bicchiere d'acqua panna: scivola via senza farsi notare. registicamente questo è il nulla, è l'anti-cinema. le inchieste giornalistiche tout court vanno bene sulla carta e poi ci si incarta il pesce, di certo non al cinema, che fino a prova contraria è altra cosa.
oltre a ciò, tenderei a far notare una cosa che altrove non viene raccontata: mettendo da parte le opinioni sul film, se mi addentro seriamente nella questione (giornalismo d'inchiesta contro il consumo di droga in irlanda) per quale motivo bisogna andare contro la droga? che senso ha fare giornalismo denunciando chi spaccia droga? chi spaccia droga, lo fa perché si guadagna tanto. e con quei soldi manda i figli a scuola, compra loro i giocattoli, dà un futuro migliore che altrimenti non avrebbero. non tutti hanno la fortuna di avere genitori facoltosi. oltre a ciò, l'acqua calda: la gente vuole la droga, è un vizio inviolabile come il fumare le sigarette, bere il vino a tavola o guardare le partite di calcio in tv. dunque il mondo non farà mai passi in avanti se si guarderà con spregio chi foraggia quel mercato. al limite che si vada a chiedere a chi ne fa uso per quale ragione lo fa e se, eventualmente, può farne a meno. a quel punto noi diremmo: perché dovrei farne a meno? tu puoi fare a meno di un tuo hobby? perché non la smetti di rompere i coglioni e te ne vai a fanculo? ecco, seriamente parlando credo che chi si batte contro i vizi della razza umana sia un demente, dunque non mi spiace affatto che una "giornalista" come veronica guerin sia sparita dalla faccia della terra.
Pubblicato da
vanessa
alle
mercoledì, giugno 05, 2013
Etichette:
a come droga,
a come mafia,
a come politica,
a come violenza,
blanchett cate,
v
martedì 4 giugno 2013
promised land
raccapricciante. gus van sant è alla frutta. ho già detto che lo preferisco quando gira film normali (cowgirl il nuovo sesso, will hunting genio ribelle, da morire, milk) e meno quando gira film non-film (gerry, elephant, paranoid park). ribadendo che quando invece gira film stronzi (last days, l'urlo) lo detesto proprio. il problema di quest'obbrorio è l'essere un nuovo ibrido: mescola l'insulsaggine del suo essere stronzo col suo aspetto più overground, quello da will hunting, insomma.
c'è matt damon che gira l'america per una società che estrae il gas naturale demolendo la terra, avvelenando le falde acquifere, uccidendo animali e tutto il solito sottobosco di tirate ecologiste che conoscete benissimo. diventa qualcuno. lo chiamano ai piani alti di altre multinazionali, pronti a dargli contratti a sei o sette zeri. arriva uno che gli fa vedere la foto di una mucca avvelenata e morta per terra e, in parole povere, cambia idea, manda all'aria tutto e si mette dalla parte della gente. d'oh?? per anni, dunque, avrebbe lavorato al servizio del male IGNARO di tutto, perché lui "credeva in quello che faceva" (testuali), perché era INGENUO? e come poteva uno squalo delle multinazionali non sapere nulla ed essere ingenuo?
pensate a cosa possa voler dire guardare per 2 ore una stronzata del genere che termina con la morale ecologista da teletubbies del menga. poi chiaramente queste sono le stesse persone che prima ti dicono queste stronzate facendoti pure la lezioncina, poi se ne stanno a los angeles a trombare frotte di puttane nella loro magione in collina con annesso panorama in città e su mulholland drive sfrecciano con 4000 cavalli sotto al culo. e ci sono coglioni che si bevono tutto prendendoli pure sul serio. boh.
Pubblicato da
vanessa
alle
martedì, giugno 04, 2013
Etichette:
a come 2 ore buttate,
a come politica,
a come romanticismo,
p
sabato 1 giugno 2013
la scelta di barbara
un altro le vite degli altri, però questa volta si cambia punto di osservazione: non il cacciatore, bensì il cacciato. certo, è un film molto più semplice, lineare, meno autoriale, con molte meno vette registiche (basti ricordare che le vite degli altri finisce mezz'ora prima della fine, per poi riuscire a mantenere alto l'interesse con nuovi ed altri "finali") e con attori meno bravi, ma pur essendo un film minore si fa apprezzare e ve lo consiglio.
lincoln
chi frequenta queste pagine sa benissimo che spilbe è uno dei miei autori preferiti e consiglierei lincoln perché è un film da vedere, un film che da ogni inquadratura trasuda la sua importanza, ecco: si ha sempre la netta sensazione di rimirare qualcosa di importante, di alto livello, dal talento innato, eccetera. però ci sono dei difetti, anche banali, che non sono trascurabili: a tratti è soporifero, i dialoghi sono brillanti e notevoli solo in pochi casi perché per lo più c'è accademia e sfoggio di bravura da parte di mostri (comunque sia, ad avercene eh), il film è troppo lungo e soprattutto quando si narra qualcosa di conosciuto come un film su LINCOLN e l'abolizione della schiavitù in america si sta sui carboni ardenti: lo spettatore sa già tutto, conosce tutto nei minimi dettagli (a meno che non abbia frequentato le scuole dell'obbligo, ma questo è altro discorso), dunque è naturale annoiarsi. ma questo accade con quasi tutti i film storici, a meno che non abbiano, di tanto in tanto, quelle scene magari furbe, ma utili ad evitare di perdere l'attenzione; altrimenti, è come guardare una partita di calcio conoscendo già il risultato finale ed a meno di essere stefano mauri la qual cosa non è che faccia poi tanto piacere.
Pubblicato da
vanessa
alle
sabato, giugno 01, 2013
Etichette:
a come drammatico,
a come guerra,
a come negri,
a come politica,
a come ronf ronf,
a come storia,
l,
spielberg
sabato 25 maggio 2013
i banchieri di dio
Pubblicato da
vanessa
alle
sabato, maggio 25, 2013
Etichette:
a come mafia,
a come politica,
a come storia,
a come violenza,
b,
roberts julia
cogan - killing them softly
questo capolavoro è stato censurato ed oscurato da obama così come gli ebrei oscurato, censurano e controllano il cinema affinché ogni 3 mesi sia possibile dire: "per non dimenticare", "noi ebrei siamo vittime" e facendo attenzione a che nessuno distribuisca film in cui vengano anche solo criticati (puoi criticare i cattolici, puoi criticare gli islamici, non puoi criticare gli ebrei al cinema). obama è un figlio di puttana, perché a lui rode che mentre nella pellicola passava lui in un televisore con i suoi discorsi speranzosi alla: "yes we can" c'era BRAD PITT pronto a smerdarlo.
che fai, ora te la prendi anche con thomas jefferson?
amico mio, jefferson è un santo americano, perché ha scritto le parole: "tutti gli uomini sono creati uguali", cose in cui evidentemente non credeva visto che fece vivere i suoi figli in schiavitù. era un ricco enologo stufo di pagare agli inglesi troppe tasse, così scrisse quelle belle parole e aizzò la plebaglia che andò a morire per quelle parole mentre lui rimaneva a casa a scolarsi il suo vino e scoparsi la sua schiava. e QUELLO (indica obama che parla in tv) viene a dirmi che viviamo in una comunità?? ma non farmi ridere! io vivo in america, e in america tu sei solo. l'america non è una nazione: è soltanto affari. e adesso pagami!
Pubblicato da
vanessa
alle
sabato, maggio 25, 2013
Etichette:
a come CINEMAAA,
a come droga,
a come giustizieri commissari tanzi e ughi piazza,
a come mafia,
a come politica,
a come violenza,
c,
pitt brad
martedì 21 maggio 2013
too big to fail

pullman
Pubblicato da
vanessa
alle
martedì, maggio 21, 2013
Etichette:
a come documentario,
a come politica,
a come ronf ronf,
b,
t
lunedì 20 maggio 2013
flight
dal trailer non mi incuriosiva per nulla: malcolm x come al solito è dio in terra e anche quando gli aerei cadono a pezzi e crollano lui riesce a salvare tutti con manovre aeree volte a cancellare alcune regole della fisica; tuttavia con le indagini si scopre che aveva bevuto ed allora l'america invece di santificarlo se lo beve e vuole gettar via la chiave. ed il trailer, purtroppo, come spesso accade, praticamente svela tutto il film. tranne un particolare. alla fine diventa un mega spottone pubblicità progresso: con tanto di denzel che al processo vuota il sacco, chiede scusa per essere un alcolizzato e si impegna a redimersi in carcere (si farà crescere la barba, tipo franceschini insomma) e si darà alla scrittura (tipo franceschini insomma) ed esorterà i giovani d'america a non bere. io però trovo che il suo avviso sia una merda: meglio la parte del film in cui si ammazza di alcool, cocaina e sesso con donne di TRENTA anni meno di lui, a volte insieme ad un john goodman che ormai fatica ad entrare dalle porte. questo perché l'unica pubblicità veramente progresso è questa: l'unico dio su questo universo è il dio denaro, e con quello si fa una bella vita, e la bella vita consiste nel fare tanti soldi stancandosi poco, ed impiegare il proprio tempo alle feste, bevendo, drogandosi e facendosi persone molto più giovani e belle di noi. però avrà capito tutto lui: meglio dire la verità, farsi togliere tutti i soldi e passaare TRENTA CAZZO ANNI in carcere diventando la bambolina preferita di qualche negro con l'aids. sicuramente ha ragione denzel, io sbaglio.
Pubblicato da
vanessa
alle
lunedì, maggio 20, 2013
Etichette:
a come droga,
a come film di merda,
a come politica,
a come tette e culi,
f,
washington denzel
lunedì 6 maggio 2013
margin call
gli attori egregi coinvolti, -jeremy irons demi moore stanley tucci kevin spacey ed altri- sono parecchi e più o meno tutti in parte, però questa giornata tra i colletti bianchi in borsa all'alba della svendita delle loro azioni col fine di salvare il salvabile nell'imminenza dello scoppio dell'ultima bolla borsistica è uno sterile esercizio di stile, pura accademia. sono due ore parlate che avrebbe potuto scrivere chiunque, senza nessun guizzo. e non è nemmeno un prodotto cinematografico, perché più che altro è ai confini col documentaristico.
martedì 30 aprile 2013
argo
hanno creato il caso attorno ad un non-caso. trama: la CIA si mette in testa di far rimpatriare americani presenti in iran durante i tumulti della fine dei '70 e strizza l'occhio ad hollywood per darsi arie col pisello in mano col fine di fare incetta di oscar. io capisco che gli stati uniti abbiano bisogno di far passare gli iraniani come brutti, sporchi, cattivi e soprattutto stupidi; io capisco che la CIA e gli ebrei abbiano sempre bisogno di inventarsi i nemici quando i nemici non ci sono; capisco anche l'urgenza di arginare il subconscio che fa sentire autistici dandosi pacche sulle proprie spalle a suon di oscar per contrastarlo, però i fatti sono andati così: la CIA ha speso mesi di lavoro e milioni di dollari col fine di far rimpatriare uno sparuto numero di ostaggi in iran. tutto il gruppone numerosissimo di ostaggi rimasti lì sono tornati a casa pochissimo tempo dopo grazie alla diplomazia, e senza l'ausilio dei supereroi.
quest'ennesima dimostrazione di celodurismo americane mi ha rammentato un fatto passato alla storia che definisce i confini della grandeur americana: gli americani tanti anni fa non sapevano come fare per scrivere nello spazio con le penne, poiché a gravita zero l'inchiostro naturalmente non sta fermo, forma palline "in aria" e la penna non scrive; così hanno rubat speso decine di milioni di dollari ardimentandosi nell'ingegnare una penna con dell'inchiostro in grado di resistere alla forza di gravità, e sventolando bandiere quelli di houston ci sono riusciti, ché loro se hanno un problema stanno a testa bassa sin quando lo risolvono. i russi nello spazio hanno portato le matite. questo è argo.
Pubblicato da
vanessa
alle
martedì, aprile 30, 2013
Etichette:
a,
a come ebrei,
a come politica,
a come premio oscar
sabato 27 aprile 2013
zero dark thirty
ebrei, addetti ai lavori e giurie prezzolate non devono avere molto a cuore james cameron quando esce con il film più importante dell'umanità ogni qual volta ne realizza uno, incassando per altro miliardi di dollari; all'uscita di avatar dovrebbe fare incetta di oscar perché la pellicola era l'unico evento dell'anno, ma all'academy la bile travasa e go go ripikka: the oscar goes to the hurt locker, già in concorso l'anno precedente, "film" parossistico privo di trama, dai tratti documentaristici, dell'ex-moglie bigelow. non solo non vince james, ma vince la sua costola, colei che lui ha raccolto dal fango ed ha plasmato e reso cerebro pensante. non è un caso che i migliori film della bigelow siano arrivati quand'era sposata con cameron. infatti, tendo sempre a ricordare che il regista di strange days e point break sia james bigelow, un grande regista. prima e dopo, lei, ha diretto sempre e solo pattume. dopo l'oscar, chiaramente, per qualche anno camperò di rendita come è accaduto a chiunque nella storia, così la CIA ora le commissiona questa buffonata. secondo quest'opera di fantasia, non hanno preso bin laden estorcendo confessioni mediante la tortura, bensì grazie alle intiuzioni sagaci della roscia presente ne il debito (film patrocitato da ebrei in cui degli ebrei e la CIA cercavano gerarchi nazisti per portarli in israele: sono solo coincidenze), e poi alla fine si solleva una piuma bianca nel cielo, parte l'assolo di violino, houston il problema è risolto, applausi, god bless america, lacrime, fade out. dalla striscia di gaza le caprette gli fanno ciao. attendiamo la stesura finale della sceneggiatura king jong-un esci le bombe se hai coraggio e ahmadinejad nun te temo, sempre affidate alla sapiente regia di una coraggiosa e demogratica bigelow.
mercoledì 24 aprile 2013
broken city

a completare l'opera di sfrangiamento delle gonadi ci ha pensato la sottotrama: mark wahlberg tollera i froci ma a distanza da lui, però ad una certa uno di loro piange, quindi si intenerisce, cambia idea ed in fondo i gay vanno bene e meritano rispetto, mentre invece i colletti bianchi di wall street ed i palazzinari aumma aumma con le banche sono il male, w i gay. a questo punto viva edison city.
Pubblicato da
vanessa
alle
mercoledì, aprile 24, 2013
Etichette:
a come gay,
a come negri,
a come politica,
a come ronf ronf,
a come thriller,
crowe russell
lunedì 22 aprile 2013
i bambini di cold rock
ho visto the tall man, il titolo originale, non sapendo che il regista fosse pascal laugier. "regista" che detesto, e considero mediocre, a tal punto da non aver la minima voglia di parlarne per demolirlo dettagliatamente; mi disgusta troppo, non ce la faccio proprio. se avessi saputo che il regista era quello di saint ange, l'esordio, e soprattutto martyrs non avrei guardato questa stupidaggine insulsa e ridicola, ed avrei fatto bene: avrei risparmiato tempo e soldi. dall'esordio ad oggi è cambiato, si è evoluto, ma purtroppo in peggio. nel primo film si mostrava ancora derivativo e poco personale, ma col secondo aveva dimostrato di bruciare le tappe per raggiungere le peggiori vette del mondo: quelle delle pretenziosità, ed infatti piace a tutti quegli imberbi che si atteggiano a novelli enrigo ghezzi arrivando ad usare nello scritto lemmi che solitamente non usano, perdendosi in panegirici utili solo a pavoneggiarsi, a darsi un tono.
questo cialtrone di un francese non è in grado di scrivere un film decente e nell'uso degli espedienti è pessimo: si faccia caso alla svolta, ovvero quando jessica biel si libera dal "tall man" mentre è legata alla sedia, per altro caduta per terra, dopo un intero gioco trascorso da sveglia per ritrovare il bambino, dopo aver fatto un terribile incidente con l'auto, aver preso botte, aver camminato per ore di notte nel bosco ed aver, come se non bastasse, subito da parte di un cane rabbioso dei morsi niente male. ed in un secondo, da terra, si libera: complimenti per l'espediente usato, denota grande ingegnosità.
un pregio il film lo ha: dopo poco, il tempo della fine del prologo, c'è una svolta notevole nella trama (non sto qui a scriverla, altrimenti rovino il film) che sulle prime fa pensare: "ah, però", ma è una svolta che suona talmente strana che ci si strugge pensando a dove dovrebbe andare a parare, non trovando alcuna giustificazione possibile che possa evitare il tonfo che il film lascia presagire, e così è: la svolta è ridicola, talmente discutibile a livello morale che, mentre jessica biel si giustifica, o mentre la ragazzina muta si spiega, non si può non mettersi a ridere AHAHAH in modo barbaro. e ciò accade perché in testa pascal ha un messaggio da dire e qualcosa da raccontare, e questo naturalmente è un bene, ma tende sempre a darsi molte arie, vuol farsi considerare un autore, e soprattutto non essendo in grado di sceneggiare il soggetto incappa in scelte risibili e amatoriali che si rivelano ridicole, sfociando nel comico-involontario. e ci si sente come quando, dopo aver passato la giornata ad insegnare, ci si imbatte negli studenti ritardati e, a volergli bene, si risponde ai loro genitori: "suo figlio è un po' ingenuo", ma sotto sotto ridi da morire e gli vorresti raccomandare l'anffas.
la grandezza di un regista, come di uno scrittore o altro, sta proprio in questo: differenziarsi dai mediocri che non sono in grado di imbastire una storia plausibile, usando espedienti adeguati col fine di rendere il tutto credibile. altrimenti non solo il concetto perde di potenza se le scelte narrative non sono plausibili, ma si rischia di sembrare dei ritardati, come pascal.
Pubblicato da
vanessa
alle
lunedì, aprile 22, 2013
Etichette:
a come francia di merda,
a come politica,
a come pseudo paura,
a come psycho,
b,
c,
t
giovedì 20 dicembre 2012
i primi della lista
c'avete fatto caso? quando il film è una piccola chicca indipendente, una di quelle piccole produzioni che nascono in silenzio nonostante siano (piccole) perle ma che dopo la visione tendiamo a ricordare con affetto anche se passa tempo tra il silenzio generale... la locandina è gialla. non so come mai, ma per la spensieratezza e la leggerezza con cognizione di causa al cinema si usa il giallo.
se un prodotto del genere durante la fase embrionale venisse dato nelle mani di grandi registi come i fratelli cohen, tra i più abili in assoluto in tema di stupidi ed idioti, certe cose diverrebbero capolavori assoluti; date in mano a dei senza-nome finiscono tristemente nel dimenticatoio, come in questo caso, ed è un vero peccato. la storia per fare un film divertentissimo ed assolutamente slegato non solo dal sociale, ma da qualsiasi contesto umano e terreno foss'anche un briciolo "normale" (mi scuso per la parola) e sano di mente c'era, però il senza-nome ed il basso budget sono una coppia che non lascia scampo.
i primi della lista
Pubblicato da
vanessa
alle
giovedì, dicembre 20, 2012
Etichette:
a come politica,
a come ridere,
cohen brothers,
p
martedì 11 dicembre 2012
candidato a sorpresa
Pubblicato da
vanessa
alle
martedì, dicembre 11, 2012
Etichette:
a come politica,
a come ridere,
c,
ferrell will
venerdì 9 novembre 2012
the company men
al cinema non è mai stato nemmeno tra i primi 20 film del momento, neanche per una sola settimana, infatti è passato al dimenticatoio nel giro di 3 giorni e nessuno ne ha mai più parlato. ovunque. a me però ben affleck è sempre piaciuto, anche come regista (gone baby gone, the town), quindi questo non me lo potevo lasciar scappare, specie dopo aver letto della presenza di sua maestà kevin costner, indimenticato sogno erotico di tutte le signore italiane dai 50 in su. questo robo interviene come lo facevano molti film durante la depressione negli anni '30 (si parla della crisi economica mondiale '08, nonostante le competenze in economia ben affleck se la passa male), ma non con la vena favolistica e spietata di quel mostro di frank capra, bensì edulcorando il tutto col moralismo
post-9/11 che pervade il mondo. come detto, al cinema è passato come quella meteora di darko pancev in italia, però non è da confondere coi prodotti straight-to-video, infatti più che altro ricorda una fiction per la tv, ma americana, ovvero ben fatta ed altamente professionale, non come la nostra ove anche nei "polizieschi" trovi i protagonisti a mangiare gli spaghetti con gli amici mentre copiano battute di albertone, quando non si mettono proprio a far vedere tutta la preparazione della passata di pomodoro (fateci caso, succede sempre, in ogni fiction!). senza infamia e senza lode.
the company men
Pubblicato da
vanessa
alle
venerdì, novembre 09, 2012
Etichette:
a come drammatico,
a come politica,
c
giovedì 1 novembre 2012
l'industriale
giuliano montaldo ha più di 80 anni e benché sia al capolinea da una vita, almeno ora fa tenerezza e lo compatisci.. abbozza una trama bolsa e da sbadigli, ma almeno d'attualità, come la crisi industriale in italia con gli imprenditori che non san più che pesci prendere dato che le banche non finanziano più l'economia quindi gli operai non san come pagare il mutuo. monty, anziché dedicarsi ad una semplice cosa ma farla bene, (quasi) abbandona tutto (io ci tornerò poi) per dedicarsi ad un secondo tempo sulla risvoltà amorosa dell'industriale che inizia a sentire un certo dolorino in fronte: sta mettendo su un bel cesto di corna (pare): si vede che sarà l'età adulta...
avevo un handicappato alle elementari che si chiamava giuliano e montaldo me l'ha ricordato. non sapeva fare nulla, ed anche per soffiarsi il naso aveva bisogno d'aiuto, era proprio handicappato, così durante il giorno finivi per trovarlo mentre si leccava le caccole ed il moccio dalla faccia, a volte ridendo. lo schifavo e giustamente l'emarginavo poiché mi dava il voltastomaco, ma lui mi aveva in simpatia (o forse era stronzo punto e basta) e prendeva a seguirmi. lo spintonavo, a volte lo picchiavo forte in faccia, o almeno nella porzione non coperta dal moccio, e lui più veniva percosso e offeso, più si affezionava. ecco, io penso a montaldo: più le sue porcate sono raccapriccianti, più continua a girarne. 40 o 50 anni fa, quando le sue cose non valevano nulla se paragonate con quel che usciva all'epoca (che sotterrava i filmini di montaldo. li sotterrava) ma comunque erano guardabili, produceva di rado. da un po' di lustri a questa parte, che ha il cervello in pappa, si piscia addosso ed ha il cazzo che puzza di morto, per sentirsi ancora vivo sta dietro la macchina da presa. a buffo, certo, ma ciò nonostante non mi sento di sparargli in fronte perché comprendo il suo stato d'animo: si sveglia ringraziando dio di un altro giorno sulla terra, lui che potrebbe non svegliarsi più da un momento all'altro, dato che è vecchio, non ha nulla da dire e soprattutto a nessuno frega un cazzo di starlo ad ascoltare.
la seconda parte, quella relativa all'intreccio amoroso, o presunto tale, tra la moglie dell'industriale, la cagna carolina crescentini, l'amante scalzacani rumeno di coverboy (giusto il garagista può far di lavoro) e pierfrancesco favino fa sbadigliare perché la gestione della suspance è risibile, non appassiona per nulla, ed i dialoghi non solo sono banali, ma sono proprio fuori dal mondo: sono da fiction. mi viene in mente michael douglas: in filmetti come la guerra dei roses o delitto perfetto ogni cosa è al suo posto, i film scorrono via lisci, non annoiano e soprattutto ti tengon sempre lì; son sì stronzatine da cassetta, ma sul tema riescono a non farti desiderare d'essere altrove. poi, tra una stronzata e l'altra, gordon gekko ha piazzato cose come attrazione fatale, che consiglieresti a molti perché ben fatto. ecco, la seconda parte di questo film riesce ad essere tutto quello che non sono quei film (alti o bassi che siano, autoriali o meno) perché qui il regista si crogiola addosso e sembra ripetersi con tono cattedratico: "io insegno, perché io valgo", ma è una frase del cazzo e suscita la comicità involontaria, poiché questo non è un prodotto di de palma o, per dire, non si serve di grandi attori maudit come vincent gallo. voglio dire: qui a fare da spalla c'è quella cagna di carolina crescentini, una che magari è pure un pezzo di pane, vuole bene ai genitori e ricicla tutto, però al cinema sta bene solo nei cinepanettoni a strizzare l'occhio alle cazzate che dice il muccino minore o un suo simile (vaporidis, etc), ma risulta come un cazzotto in un occhio in un film con delle pretese. dunque, se proprio giuliano montaldo non ha un cazzo di nulla di meglio da fare che darsi arie, dovrebbe ingaggiare attori e non cagne utili al massimo come contenitori di seme per sfornare generatori di merda
sulla prima parte. il tema, come detto, è bolso ma perlomeno attuale, però montaldo non è in grado di farti empatizzare con il protagonista, non ti fa stringere i pugni dicendo in sala: "dai, lotta!, trova i finanziamenti e faccela!" come in quei grandi film americani di cassetta sul tema: ancora si ricorda con piacere tutta quella serie di pellicole sulle crisi economiche. gli americani che sudando creavano automobili ma venivano soppiantati dall'efficienza giapponese (qui invece sono i cinesi, più a buon mercato), e così dopo varie peripezie si mettevano a produrre lo stesso numero di automobili di uno stabilimento di tokyo, nello stesso lasso di tempo, per (tentare di) tener testa ai nihongini. alla fine del film vedevi gli operai sudati e ansimanti accanto alle auto appena messe in fila, ed anche se la cosa non aveva senso, tu facevi il tifo per loro pur ridendo e pensando: "cosa CAZZO sudi che l'hai costruita ore fa e stavi solo attendendo il quality_check per tornare a casa e stravaccarti sul divano?", ma loro avevano il fiatone e grazie a questa stronzatina empatizzavi. facevi il tifo per loro perché sembravano umani, esseri viventi. ancora. durante l'ispezione, ci si accorgeva che a questa mancavano gli stop, a quella mancava completamente il vetro, ma gli operai battevano i pugni sul cofano e dicevano: "abbiamo lottato duro, cazzo! è già qualcosa, no!?! abbiamo lavorato notte e giorno! viva l'america!!" e tu applaudivi in estasi perché ti avevano già conquistato al primo pugnetto sul cofano. quelle persone erano imperfette, a volte stupide, ma VERE: quello era cinema.
questa roba è un vetrino asettico durante le analisi. e giuliano montaldo mi ricorda giuliano delle elementari, un bambino handicappato che leccava le sue caccole via dal naso.
ah. ci sarebbe tutto quel discorso su giuliano montaldo amichetto dei comunisti che punta il dito contro le banche (tema originale, complimenti), mentre con l'altra mano raccoglie i fondi pubblici del governo tramite il FUS per "fare cinema"... che poi non esce al cinema. tutto quel discorso sul sistema parassitario tenuto in piedi dai comunisti per tenere in piedi altri comunisti è bello potente, è un ovvio scacco matto, ma non mi va nemmeno di farlo e prender le cose seriamente. mi basta ridere.
l'industriale
la seconda parte, quella relativa all'intreccio amoroso, o presunto tale, tra la moglie dell'industriale, la cagna carolina crescentini, l'amante scalzacani rumeno di coverboy (giusto il garagista può far di lavoro) e pierfrancesco favino fa sbadigliare perché la gestione della suspance è risibile, non appassiona per nulla, ed i dialoghi non solo sono banali, ma sono proprio fuori dal mondo: sono da fiction. mi viene in mente michael douglas: in filmetti come la guerra dei roses o delitto perfetto ogni cosa è al suo posto, i film scorrono via lisci, non annoiano e soprattutto ti tengon sempre lì; son sì stronzatine da cassetta, ma sul tema riescono a non farti desiderare d'essere altrove. poi, tra una stronzata e l'altra, gordon gekko ha piazzato cose come attrazione fatale, che consiglieresti a molti perché ben fatto. ecco, la seconda parte di questo film riesce ad essere tutto quello che non sono quei film (alti o bassi che siano, autoriali o meno) perché qui il regista si crogiola addosso e sembra ripetersi con tono cattedratico: "io insegno, perché io valgo", ma è una frase del cazzo e suscita la comicità involontaria, poiché questo non è un prodotto di de palma o, per dire, non si serve di grandi attori maudit come vincent gallo. voglio dire: qui a fare da spalla c'è quella cagna di carolina crescentini, una che magari è pure un pezzo di pane, vuole bene ai genitori e ricicla tutto, però al cinema sta bene solo nei cinepanettoni a strizzare l'occhio alle cazzate che dice il muccino minore o un suo simile (vaporidis, etc), ma risulta come un cazzotto in un occhio in un film con delle pretese. dunque, se proprio giuliano montaldo non ha un cazzo di nulla di meglio da fare che darsi arie, dovrebbe ingaggiare attori e non cagne utili al massimo come contenitori di seme per sfornare generatori di merda
sulla prima parte. il tema, come detto, è bolso ma perlomeno attuale, però montaldo non è in grado di farti empatizzare con il protagonista, non ti fa stringere i pugni dicendo in sala: "dai, lotta!, trova i finanziamenti e faccela!" come in quei grandi film americani di cassetta sul tema: ancora si ricorda con piacere tutta quella serie di pellicole sulle crisi economiche. gli americani che sudando creavano automobili ma venivano soppiantati dall'efficienza giapponese (qui invece sono i cinesi, più a buon mercato), e così dopo varie peripezie si mettevano a produrre lo stesso numero di automobili di uno stabilimento di tokyo, nello stesso lasso di tempo, per (tentare di) tener testa ai nihongini. alla fine del film vedevi gli operai sudati e ansimanti accanto alle auto appena messe in fila, ed anche se la cosa non aveva senso, tu facevi il tifo per loro pur ridendo e pensando: "cosa CAZZO sudi che l'hai costruita ore fa e stavi solo attendendo il quality_check per tornare a casa e stravaccarti sul divano?", ma loro avevano il fiatone e grazie a questa stronzatina empatizzavi. facevi il tifo per loro perché sembravano umani, esseri viventi. ancora. durante l'ispezione, ci si accorgeva che a questa mancavano gli stop, a quella mancava completamente il vetro, ma gli operai battevano i pugni sul cofano e dicevano: "abbiamo lottato duro, cazzo! è già qualcosa, no!?! abbiamo lavorato notte e giorno! viva l'america!!" e tu applaudivi in estasi perché ti avevano già conquistato al primo pugnetto sul cofano. quelle persone erano imperfette, a volte stupide, ma VERE: quello era cinema.
questa roba è un vetrino asettico durante le analisi. e giuliano montaldo mi ricorda giuliano delle elementari, un bambino handicappato che leccava le sue caccole via dal naso.
ah. ci sarebbe tutto quel discorso su giuliano montaldo amichetto dei comunisti che punta il dito contro le banche (tema originale, complimenti), mentre con l'altra mano raccoglie i fondi pubblici del governo tramite il FUS per "fare cinema"... che poi non esce al cinema. tutto quel discorso sul sistema parassitario tenuto in piedi dai comunisti per tenere in piedi altri comunisti è bello potente, è un ovvio scacco matto, ma non mi va nemmeno di farlo e prender le cose seriamente. mi basta ridere.
Pubblicato da
vanessa
alle
giovedì, novembre 01, 2012
Etichette:
a come 2 ore buttate,
a come il cinema italiano,
a come politica,
i
Iscriviti a:
Post (Atom)