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lunedì 24 giugno 2013

i tre marmittoni


solo i fratelli farrelly (scemo & più scemo, tutti pazzi per mary, io me & irene, amore a prima svista, fratelli per la pelle, lo spaccacuori, libera uscita) potevano occuparsi della regia de i tre marmittoni, però questo non cambia il risultato: poca ispirazione, sketch e gag anticipati per tutto il tempo, ispirazione sotto i tacchi. mi spiace molto, adoro queste persone, mi fanno voler bene al cinema, però l'ispirazione sta proprio da un'altra parte.
per chi non sapesse nulla a riguardo: i tre marmittoni giravano negli anni '30 e sono andati avanti col vento in poppa fino ai '50; negli anni '60 sono arrivati peter sellers e woody allen, quindi la loro comicità ingenua alla stanlio e ollio è dovuta andare in pensione. se il film non fosse noioso ed infantile e se fosse riuscito, sarebbe qualcosa di non troppo distante dal bellissimo nostrato le comiche, con i due mostri che tutti conosciamo. mannaggia.

sabato 1 giugno 2013

lincoln


chi frequenta queste pagine sa benissimo che spilbe è uno dei miei autori preferiti e consiglierei lincoln perché è un film da vedere, un film che da ogni inquadratura trasuda la sua importanza, ecco: si ha sempre la netta sensazione di rimirare qualcosa di importante, di alto livello, dal talento innato, eccetera. però ci sono dei difetti, anche banali, che non sono trascurabili: a tratti è soporifero, i dialoghi sono brillanti e notevoli solo in pochi casi perché per lo più c'è accademia e sfoggio di bravura da parte di mostri (comunque sia, ad avercene eh), il film è troppo lungo e soprattutto quando si narra qualcosa di conosciuto come un film su LINCOLN e l'abolizione della schiavitù in america si sta sui carboni ardenti: lo spettatore sa già tutto, conosce tutto nei minimi dettagli (a meno che non abbia frequentato le scuole dell'obbligo, ma questo è altro discorso), dunque è naturale annoiarsi. ma questo accade con quasi tutti i film storici, a meno che non abbiano, di tanto in tanto, quelle scene magari furbe, ma utili ad evitare di perdere l'attenzione; altrimenti, è come guardare una partita di calcio conoscendo già il risultato finale ed a meno di essere stefano mauri la qual cosa non è che faccia poi tanto piacere.

venerdì 31 maggio 2013

è stato il figlio


daniele ciprì ha dato il meglio di sé in coppia con maresco e tra 50 anni verranno ricordati per totò che visse due volte e soprattutto per la loro cinico tv resa famosa da blob. come regista, da solo, non vale molto più di nulla. il talento evidente ce l'ha nella fotografia e se ne accorgerebbe anche un cieco, però un film del genere, che tratti con toni ironici e grotteschi la mafia dovrebbe riuscire a far ridere e molto, proprio perché più la base di partenza è drammatica e tragica e più in chiave comica induce al riso, ma la resa in questo caso è scadente perché manca totalmente di ritmo, le vicende sono raccontate con la flemma tipica dei terroni che non tencono vogghia di faticare pcché fa caldo, dunque, complice la canicola data da tale flemma filmica, ci si scopre a ronfare alla grande. per ciprì questo è un tonfo nell'acqua, da lui era lecito aspettarsi qualcosa di maggior livello, ed infatti il pubblico se n'è accorto (al cinema non c'era, e se c'era dormiva). toni servillo, però, per una volta non reitera il ruolo dell'annoiato noioso che ammorba il cinema italiano da le conseguenze dell'amore in poi.

mercoledì 29 maggio 2013

moonrise kingdom - una fuga d'amore


wes anderson (i tenenbaum, le avventure acquatiche ti steve zissou, il treno per il darjeling), è un disco rotto, gira solo un film, non è in grado di girarne altri. stavolta si fa apprezzare leggermente più del solito perché si focalizza sui bambini, quindi grazie alla ribellione, alla formazione, all'ingenuità e alla crescita riesce ad intenerire, riesce a non farsi detestare come al solito. ma ormai si può dire con assoluta certezza che questo regista non ha assolutamente nulla da dire e che il suo stile personale e riconoscibilissimo non basta più: i film costano 9€ e bisogna dire/dare qualcosa allo spettatore, dare qualcosa di diverso, altrimenti non è tollerabile. non bastano più i super-cast di attori; questa volta ci sono bruce willis, il da qualche anno rincoglionito edward norton, il solito soporifero bill murray, harvey keitel impercettibile, e frances macdormand accademica: nessuno sfruttato, tutti noiosi, bill prevedibile e bolso, zero battute divertenti: il cast non basta più, la cosa più importante in un film sono i dialoghi, che si ripassi neil simon per dio! ah, probabilmente per alcuni sarà la scoperta dell'acqua calda, ma dato che wes è ammantato dallo status d'autore ed altri invece sono hollywood blockbuster film su commissione al servizio della committenza blablabla ci tengo a specificarlo: stand by me parla di avventure di adolescenti, e surclassa questa stronzata sotto ogni punto di vista, per di più senza un regista che si atteggia ad autore. 

hostage


thrillerone su rapimenti e riscatti prevedibile e noioso. è dura amare bruce willis perché poi finisci per sciropparti tutta la sua merda e per lo più le pellicole a cui prende parte sono, appunto, sterco.

martedì 28 maggio 2013

fire with fire


stupisce la presenza di bruce willis; è vero che così come morgan freeman accetta qualsiasi scrittura purché paghino, però di solito bruce sceglie progetti importanti, dal grosso budget, invece questa volta fa da comprimario ad una stronzata thriller coi nazisti che poteva andare bene al limite negli anni '90, ma non oggi. il budget è basso, gli effetti speciali quando crollano le palazzine per gli incendi, il protagonista è un vigile del fuoco, suscitano il riso involontario. la trama è impostata di default su wikipedia alla sezione "thriller americano standard", per cui non credo sia necessario apporre ulteriori commenti.

domenica 26 maggio 2013

the last stand - l'ultima sfida


so bene che questa era solo una scoreggina, perché smetteva di fare politica quindi serviva qualcosa di veloce per tornare a farsi vedere, ma è deludente. è esattamente come lo immaginate, grazie anche al trailer che non mente: bolso, fuori tempo massimo, stanco, a basso budget, eccetera. però a scrivere qualche dialogo fico e qualche scena interessante, o ad usare qualche espediente fuori dall'ordinario non ci vuole nulla, non serve mica il budget di michael bay: basta un po' di inventiva. non so, mi vengono in mente i film di quella coppia comica inglese, tipo hot fuzz, shaun of the dead, oppure doomsday: i budget non sono chissà che cosa insormontabile (per hollywood), anzi basti sapere questo dato: il budget di questa pellicola è identico a quello del già citato doomsday e del primo resident evil, quindi niente male. i mezzi per creare del sano intrattenimento ce li avevano eccome, eppure solo 10 minuti sono realmente divertenti, con tutta la sala intenta a ridere di e con arnie. per il resto del tempo ci si pente di guardarlo. poi, sì, so che nei prossimi 5 anni probabilmente farà parte di qualche altro capolavoro, perché il suo nome è ancora spendibile e la sua stella non morirà mai.

venerdì 24 maggio 2013

effetti collaterali


steven soderbergh è bravo e astuto: sa che channing tatum non vale molto più di nulla ed in un film del genere (thriller, lui agente di borsa del lato oscuro) risulta credibile così come uno scilipoti in politica, quindi lo fa morire dopo una ventina di minuti, contribuendo a rendere più credibile il film. jude law può tenere in piedi un film del genere, il ballerino no.
il soggetto è tumultuoso, la storia ha parecchie svolte narrative e colpi di scena e ci si scopre sinceramente ammirati durante la visione, però alcune delle caratteristiche precipue di steven sono dei veri e propri difetti: a volte, nonostante la regia rigida, si concede scelte da chi vuole darsi un tono piuttosto che mettersi al servizio dello spettatore; lui ci tiene sempre a fare bella figura, ci tiene ad essere protagonista, non si fa da parte. per come vedo io il cinema, questo è un difetto perché si sconfina dalle parti della maniera, dell'accademia. ad esempio, per rimanre nel film d'autore e per darsi arie, evita di sconfinare nel thriller seriale anni '90 dando più ritmo al film ed usando la musica come supporto al film: certo, avrebbe creato un prodotto di genere, più "umile", mica no, ma almeno non avrebbe annoiato. l'incedere del film, nonostante il soggetto potente, è fiacco, lento, ed in sala gli spettatori tendono a prender sonno (a me è capitato prima della metà del film, alle prime avvisaglie dei volatili per diabetici di jude law): certi han proprio dormito, ronfavano. è vero che la storia era potente ed i colpi di scena non mancavano, ma steven ha scelto con cognizione di causa di evitare un crescendo per la suspence, evitando d'arrivare al climax, evitando il TA-DAAN!, evitando il rullo di tamburi, e questo trovo sia davvero un difetto, perché lui era sempre lì a sbattere in faccia: sì, sono io che ho deciso di non far montare la panna come si deve né di farla smontare. oltre a ciò, il difetto più grande e credo sinceramente poco opinabile è il finale: definirlo sbrigativo è dire poco, nel giro di pochissimi minuti si sistema tutto e amen. ed arrivare ad un finale di quel genere, sveltissimo, dopo ben DUE ore di film a tratti soporifero e senza aver fatto montare la suspence a dovere, anche con "trucchetti" del thriller di mestiere, contribuisce a rimanere insoddisfatti, quindi ci si rompe i coglioni (per chi li ha). ed è davvero un peccato, perché il soggetto era davvero portentoso, si toccavano tanti e tanti argomenti e si potevano sviscerare discussioni su discussioni. in sostanza, steven soderbergh è un vero coglione, e se dice di voler smettere col cinema limitarsi a farlo, perché il fatto che si sia "stancato di fare film" (come dicono i suoi amici) è qualcosa che si vede.
per ultima cosa, banalmente infastidisce perché davvero non tollerabile (non è plausibile, non è credibile) vedere i personaggi accogliere su di loro tutte le brutte cose che gli accadono col trasporto emotivo di una puttana negra con un cliente: il mondo gli cade addosso, e loro sembra stiano sorseggiando il tè, se son proprio adirati al massimo si concedono uno sguardo torvo, ma di più non fanno: poche minacce, assenza di parolacce, assenza di grida. questo accade perché il regista ha detto loro di non caricare troppo i ruoli, di rimanere più distaccati, asettici, così il prodotto risulta autoriale, di classe, eccetera. ma per un prodotto autoriale, di classe, che sia teso a sfoggiare maestria, be', bisognava chiamare roman polanski

martedì 21 maggio 2013

too big to fail

queste scempiaggini dall'estetica da televisione, fiction rai, sono noiosissime e non servono a nulla: due ore riassumibili nel concetto: con i mutui subprime ed altre sublimi nefandezze i laureati di harvard accumulano decine/centinaia di milioni di dollari mettendolo nel culo alla gente comune. l'altra volta era margin call, stavolta quest'altra stronzata tratto da un libro inutile che spiega in 400 pagine quello che abbiamo visto al tg, raccontato meglio e riassunto in un servizio di 3 minuti. non servono centinaia di pagine per capire che l'occasione rende l'uomo ladro, che i governi sono burattini in mano ai poteri economici che fanno e disfano quel che vogliono, e soprattutto continueranno a farlo, perché chi governa non ha il minimo interesse a porre dei paletti per mettere un freno. il tutto, con la fotografia della fiction rai e con il ritmo di un film di chabrol (il regista della noia). credo di aver detto tutto. mi piace pensare che william hurt, paul giamatti, james woods e bill abbiano aderito a questa stronzata perché sommersi dai debiti dopo aver investito tutti i loro averi nella lehman brothers.
pullman

lunedì 20 maggio 2013

upside down


questo bizzarro pianeta a due gravità ha una parte, quella upside, dove le persone sono ricche, istruite, pettinate e con la barba fatta; non hanno molte risorse ma essendo persone ricche sfruttano le risorse dei poveri: quelli down, che, in quanto tali, ovvero trisomici, si fanno fottere tutte le ricchezze senza batter ciglio. abbozzano sempre, hanno la barba incolta e vestono male. no, voglio dire: complimenti per la metaforonaonaONA, grande inventiva davvero: CLAP CLAP.
la storia d'amore è imbarazzante e tenuta in piedi col vinavil, infatti si scolla dopo 3 giorni, alla prima giornata di caldo. lui, un insulso "attore" senza nome, è incapace di rendere bene in un film romantico perché l'unica espressione in grado di fare è quella con le sopracciglia alzate, come fosse in estasi, espressione che lui usa sia se incontra un suo amico, sia se uno dice una cosa interessante, sia se la ragazza che ama gli dice: "vienimi in bocca, non aspetto altro". tom cruise dopo una lobotomia parietale sarebbe più espressivo, per dire. ammetto, però, che un canide del genere solo a questo genere di pellicole può prender parte. diverso è il discorso per kirsten dunst: bravissima, ci mette impegno persino in una favola venuta male tipo questa, però ha un solo grande difetto che non dipende più da lei, o, diciamo meglio, dalla sua volontà: non è forse troppo grande per il ruolo dell'ingenua innamorata? ha passato i 30 anni, ha preso parte a melancholia, ormai mi sembra fuori tempo massimo per questo genere di cose, una stronzata del genere le sta troppo stretta. ai tempi del giardino delle vergini suicide, o del primo spider man, il discorso sarebbe stato diverso, ma ormai dovrebbe prender parte a film romantici per gente adulta, tipo elizabethtown, e non più per under-12.

giovedì 16 maggio 2013

le streghe di salem


rob zombie è passato dalla casa dei 1000 corpi al sequel devil's rejects, in italia la casa del diavolo, poi avendo esaurito l'unica idea che aveva s'è dato al remake già al terzo film con halloween, in seguito halloween 2, ed ora questo. era evidente: di idee non ne aveva, PER SBAGLIO aveva girato quell'incommensurabile capolavoro di devil's rejects e da lì in poi continua a scopiazzare a mani basse (come ha sempre fatto) senza avere più un briciolo di verve, creatività, voglia di inventarsi espedienti utili a destare dal sonno lo spettatore, dialoghi divertenti o cattivi, eccetera. quest'ultima stronzata, infatti, rimanda a tantissime cose già viste: a livello visivo ogni tanto saccheggia shining, usa più di una volta l'espediente dell'assassina vista sullo sfondo per un momento in profondo rosso (lì nello specchio) di dario argento, a volte fa sanguinare i quadri dai muri (...), financo arriva a far prendere in seria considerazione l'idea di alzarsi dalla poltroncina gridando: "amo satana, il punk e il metal, per questo mi alzo e me ne vado! fanculo, impostore!" dopo aver fatto richiudere porte da sole (...) all'improvviso o dopo che una vecchia "strega" sfrutta l'effetto-buuh!
per pura curiosità provi ad arrivare alla fine: sai già ad inizio film che le streghe devono far nascere l'anticristo (posso dormire?) e quindi vuoi vedere se alla fine lo fa morire o lo fa prosperare, salvo scoppiare a ridere per la scena finale in cui tutte lo tengono per mano mentre nasce (ricorda la scena del cuore preso ad it alla fine)... e si rivela essere un polipo. tutto 'sto casino per dare alla luce un polipo. ma come cazzo lo governa il mondo un polipo? con le previsioni di paul il polpo tedesco al mondiale? per altro quello era sì indovino, ma è morto: la sua esistenza si è spenta a colpi di lattuga e limone spremuto. e quindi per rob zombie l'anticristo è un polipo; non digerirà i frutti di mare, che cazzo ne so.
comunque, questa stronzata mi dà l'occasione di mettere i classici puntini sulle i: che senso ha al cinema continuare a far vedere l'anticristo o satana, o quel che volete, come un caprone? o come un bambino indemoniato che si comporta male? voglio dire. abbiamo avuto hitler, stalin, pol pot e potrei continuare. abbiamo avuto dietro la porta accanto breivik e anna maria franzoni. persino gli studenti negli ultimi anni per combattere la noia decimano le loro scuole risolvendo l'annoso problema del sovraffolamento. e noi sulla terra avremmo bisogno dell'anticristo? a me quel ramo sembra affolatissimo: se satana nascesse oggi, nel suo campo non troverebbe lavoro. poi, boh, continuassero pure con queste cazzatine per bambini, ma io trovo molto più annichilente il fatto che per noia e per gioco la gente sulla terra si diverte ad ammazzare. non per fame, per pazzia o per vendetta, che possono (anche) essere motivazioni nobili, no: per NOIA e per GIOCO. rob zombie invece gioca col polipetto. mah.

martedì 14 maggio 2013

the hunger games



the running man di "richard bachman" è un libro talmente fenomenale da esser stato copiato con successo e discreta bravura come battle royale dai mandorlati; purtroppo, però, una cialtrona l'ha copiato per scrivere quest'immondizia, hunger games, da cui hanno avuto la pessima idea di trarre un film. probabilmente incasseranno tanti soldi, per cui non li biasimo, ma il libro e il film sono immondizia pura.
prendete gli addobbi sfarzosi e coloratissimi di un jean paul gaultier; per dire, pensate al quinto elemento; aggiungete dei dialoghi presi da twilight ed avete la storia. fine.
dato che in partenza si copia un capolavoro, le premesse erano interessantissime (grazie al cazzo?), ma invece di sciorinare SHOW NO MERCY TAKE NO PRISONER NO REMORSE NO REGRETS e compagnia bella, mettono il broncio e mostrano le facce corrucciate. di più: nonostante la protagonista, una jennifer lawrence in caduta libera, vengano bastonate a destra e a manca, non si adeguano al gioco ammazzando con gusto, no, cercano di non fare male a nessuno, salvo per autodifesa. persino contro il più cattivo di tutti si mostra BONTA' come nei teletubbies,  
arrivando a dargli il corpo di grazia solo perché serve per lenire le sue sofferenze. un altro po' e mi aspettavo saltassero fuori i mostri ricchioni di nel paese delle creature selvagge.


lunedì 6 maggio 2013

margin call


gli attori egregi coinvolti, -jeremy irons demi moore stanley tucci kevin spacey ed altri- sono parecchi e più o meno tutti in parte, però questa giornata tra i colletti bianchi in borsa all'alba della svendita delle loro azioni col fine di salvare il salvabile nell'imminenza dello scoppio dell'ultima bolla borsistica è uno sterile esercizio di stile, pura accademia. sono due ore parlate che avrebbe potuto scrivere chiunque, senza nessun guizzo. e non è nemmeno un prodotto cinematografico, perché più che altro è ai confini col documentaristico.

martedì 30 aprile 2013

the expatriate


non è nemmeno riuscito ad uscire al cinema in italia, tanto era brutto. molto spesso, infatti, sono dell'opinione che i distributori facciano bene a fare uscire quasi solamente stronzate: le produzioni "alte" fanno 7 spettatori a serata nella prima settimana, quindi ha poco senso; nondimeno un altro fatto è che la maggior parte dei film "alti" si possono tranquillamente vedere sul divano, data l'assenza di effetti speciali.
in questo caso, però, non si è dalle parti del cinema autoriale, bensì siamo dalle parti di harrison ford negli anni '90, ovvero negli anni in cui era un capo, una sorta di ibrido tra mcgyver e l'uomo che fuma di x files, però bello e carismatico. aaron è tutto questo, solo il film è stato generato random dal generatore di film thriller presente nel sito ashlyjuddisrunning.com. ad aggravare la situazione la presenza della figlia: aaron eckhart non la lascia mai sola per paura che le possa accadere qualcosa, quindi se la porta con se nella guerriglia urbana a caccia/cacciato di/da agenti segreti, trafficanti, sailcaso. giusto, mi pare logico.
così come sia altrettanto logico vedere la figlia che, dopo che il padre le ha salvato la vita tipo quaranta volte, gli sbraita contro: "ma quindi tu eri un agente segreto e non mi hai detto nulla? basta me ne vado non ti parlo più". se lui l'avesse presa, immersa fino alla testa nel cemento e poi se ne fosse andato a sterminare il mondo: tanto di cappello, il film sarebbe stato un capolavoro poiché avrebbe empatizzato con l'attore (la figlia nel cemento), invece così si faceva il tifo per i cattivi, sperando che anche sbagliando e non colpendo con degli spari a lui, si potesse colpire lei. e invece niente, tarallucci.

babycall





torna lisbeth salander e stavolta si mette a recitare, e devo dire che lo fa anche discretamente. per metà del film non si capisce bene se siamo dalle parti della storia di anna maria franzoni, o di chissà cos'altro, perché il film tende a mescolare un piano temporale, diciamo la realtà, ad un altro passato, ad un altro, è qui la "chicca", diciamo così, immaginato. l'idea di partenza non è affatto male, così poi dopo la visione ho fatto caso al nome del regista: infatti, è quello di naboer, film in italia inosservato, ma che consiglio; purtroppo l'idea non viene sviluppata decentemente ed il film è un po' troppo esile: fin quando non si capisce di che razza di film si tratta, il giochino regge, ma non appena l'arcano viene svelato il film si rivela esile ed il regista non riesce a tenerlo in piedi come si conviene, continuando a mantenere alta l'attenzione, anzi ad una certa non si aspetta nient'altro che la fine sperando che chi deve morire muoia al più presto, così la si fa finita. magari avere a disposizione un budget ridicolo avrà influito sul film, mica no, però inserire delle sottotrame ed anche il darsi da fare di più nella regia non avrebbe fatto male. diciamo.

domenica 28 aprile 2013

marigold hotel

torna john madden dopo il successo di critica ed appena discreto al botteghino il debito. il genere stavolta è quello a lui più adatto: cinema adatto per digerire la cena. il marigold hotel è un edificio che india ospita gli inglesi della terza età, fino al finire dei loro giorni. il film esce in inghilterra ed esorta le sfingi a buttare dagli indiani i loro risparmi, dunque l'india rappresentata è quella ampiamente conosciuta attraverso i cliché reiterati delle pubblicità, nulla di più di un abbozzo della realtà, con tanto di discussioni di famiglia col figlio che vuole sposare la ragazza che ama ma la madre non glielo permette sino a 1 minuto dalla fine, quando inspiegabilmente e senza apparente motivo cambia idea, anche se poi il motivo in realtà c'è eccome: sta per finire il film! manca un minuto soltanto! deve affrettarsi a sorridere e dare la sua benedizione! presto, inquadrate dei fiori!
comunque, non è un dramma, anzi è esattamente prevedibile: questa è una commedia e più che analisi sulla terza età è uno spot patrocinato da qualche assessorato, dunque la trama dev'essere quella che è, con i soliti mille mila happy ending di tutti i personaggi, ed i personaggi sono appena tratteggiati, ovvero tutto ampiamente prevedibile e volto a rispettare la missione da compiere, però a questo punto non si spiega la presenza del parterre de rois coinvolto: la crema dell'attorialità britannica, della terza età. a me stupirebbe vedere un mostro sacro del cinema italiano, per dire, recitare in una roba del genere, che non è altro che una versione diluita in 2 ore di uno spot sull'india, come potrebbe esserne uno della vodafone o, ancor meglio, della polident. per altro tale spot è anche fatto male e non rende a dovere gli omaggi all'india che bollywood solitamente tende a raccontare, ed infiocchetta il prodotto non come avrebbe dovuto, ma questo credo sia dovuto a john madden: il regista non è capace. spero per i grandi attori coinvolti che si stiano godendo i soldi di questo film, perché a me verrebbe la gastrite a prestarmi a cose del genere.

mercoledì 24 aprile 2013

broken city

torna allen hughes, un negro che di solito lavora insieme al fratello gemello, dopo il precedente codice genesi. il passo indietro è notevolissimo: broken city è il classico thrillerone politico che andava di moda negli anni '90; di solito le tipologie erano due: in una ashly judd era perseguitata dal mondo ad una certa smadonnava e spaccava tutto, nell'altra tipologia c'era harrison ford che spiava o veniva spiato dalla cia ed in giacca a cravatta si destreggiava nell'azione. a volte, quando harrison ford era occupato in un film del genere, veniva sostituito in un film del genere da michael douglas, tanto alla trama bastava aggiungere il tentativo di uccidere la moglie per non pagarle gli alimenti. dopo quasi 20, però, queste pellicole lasciano il passo e arrancano. nel ruolo del cattivo c'è russell crow, che magari nelle intenzioni dovrebbe sembrare spietato e cattivissimo, ma impallidisce dinanzi i politici che ci sono (ovunque eh, non è una crociata da zecche del tipo: "solo in italia succedono queste cose!!") nella realtà, senza contare che pochi anni fa abbiamo avuto persone che mettevano nel forno altre persone per lavarle col gas, quindi il gladiatore forse è "cattivo" rispetto ad una bambina che gioca in giardino e senza volerlo calpesta un'aiuola, ma avendo uno sguardo tanticchia più ampio sull'umanità di cattiveria se ne rintraccia poca, quindi morde poco.
a completare l'opera di sfrangiamento delle gonadi ci ha pensato la sottotrama: mark wahlberg tollera i froci ma a distanza da lui, però ad una certa uno di loro piange, quindi si intenerisce, cambia idea ed in fondo i gay vanno bene e meritano rispetto, mentre invece i colletti bianchi di wall street ed i palazzinari aumma aumma con le banche sono il male, w i gay. a questo punto viva edison city.

venerdì 12 aprile 2013

the double

quando in un film thriller manca completamente la componente thrilling il suddetto film è riuscito o meno? o meno in questo senso: pondero se sia il caso di menare. si dorme alla grande per tutto il tempo, perché dopo, non esagero, 25 minuti si è capito già dove andranno a parare, quindi tu sei lì che dici al giovane agente segreto: "coglione, se ci arrivo io che ho i piedi gonfi e son qui in preda alla stanchezza sul divano, possibile che non ci arrivi tu, che sei un giovane agente super segreto e grande mega orgoglio lì a langley?? eh, idiota?". la cosa peggiore di questi filmacci è la presa per il culo: disseminano con la nonchalance di un elefante in una cristalleria dei particolari che all'apparenza sembrano insignificanti, ma in realtà sono tesi a svelare le sorti del film. e proprio perché sembrano insignificanti, o messi lì per caso, risultano goffi e pacchiani: li noti al volo e ti chiedi come mai abbiano perso tempo con certi particolari, se non c'entrano niente (e infatti poi c'entrano e come). e niente, alla fine per lo meno risparmi sui sonniferi, o sullo yager utile a dormire. un pregio quest'immondizia ce l'ha.  richard gere è morto. 


 the double

venerdì 29 marzo 2013

di nuovo in gioco - trouble with the curve


su clint eastwood io da dire non ho più nulla da molto tempo. ne ho parlato in lungo e in largo; ho spiegato a molte persone, quando credevano che "mystic river" fosse il suo esordio alla regia (è un mondo difficile), che in realtà ha sempre fatto il regista e s'è quasi sempre diretto da solo; ho sciorinato tutto quanto lo scibile umano a riguardo ed ho consigliato tutto quello che c'era da consigliare. non ho davvero nient'altro da dire e soprattutto ormai clint suscita solo comico-involontario, per cui o si spara sulla croce rossa, oppure si continua a fare opera pia consigliando almeno i fondamentali di tutta la sua carriera. li ho visti tutti, e quelli da non perdere sono i seguenti (in grassetto i miei preferiti tra gli issimi):

brivido nella notte: la cosa più interessante sono gli anni '70, l'atmosfera che permea il film, il fatto che clint in questo caso interpreti un ruolo inusuale che a qualcuno potrà far storcere la bocca: un dj radiofonico che lavora di notte e, suadente e compagnone, tiene compagnia alle sciure con l'harmony in una mano e l'altra...;

l'uomo nel mirino: la storia non era originale all'epoca, inizio '70, ma in seguito è stata stra-copiata (come potrete facilmente intuire, facendo riaffiorare nella vostra mente i vari epigoni di questo): clint deve portare a testimoniare una testimone in un processo che all'apparenza non dovrebbe suscitare problemi. il mondo gli fa la guerra. lui si incazza: prende un pullman, lo corazza, si riempie d'armi, fa la faccia cattiva e ammazza tutti. nota a margine: sondra locke, all'epoca sua moglie, in quel periodo iniziò a lavorare con lui praticamente in ogni film, sempre con lo stesso ruolo: la donna di clint. lui la menava, le tirava appresso quel che le capitavaa tiro, la insultava ("persino questa scimmia è più intelligente di te!"), eccetera però la amava tanto. dopo clint naturalmente lei non ha più lavorato. evidentemente lui non sbagliava;

honkytonk man: credo basti la trama: è un country-man che sta per morire e va a zonzo per l'america col nipotino, tra puttane e localacci in cui suonare country;

coraggio... fatti ammazzare: sì, è l'ispettore callahan. la frase originale però è: "go ahead, make my day", che è un filino diversa. non è il più riuscito, ma questa saga va bene sempre, perché con i cattivi non bisogna ragionare: bisogna sparare. questa roba dovrebbero proiettare nelle scuole ai cinni di oggi, non le stronzate sulle giornate della memoria; anche perché i cinni sull'hardware dei pc sanno praticamente tutto;

gunny: per caso esiste essere umano che non abbia visto questo film? cazzo, ma cambia maglietta ogni giorno! basta, non ci sto più! me ne vado! no, io lo ammazzo! che se ne vada a fare in culo!

bird: musicale jazz su charlie parker. non lo rivedrei di nuovo, ma da vedere almeno una volta;

la recluta: un film di clint con clint e charlie sheen va visto a prescindere dal film. potrebbero parlare anche di barbabietole, ma non ci sarebbero scuse per non vederlo. solita roba qualcosa-thriller, ma va sempre bene;

gli spietati: per caso esiste essere umano che non abbia visto questo film? e due; 

un mondo perfetto: questa purtroppo è la classica roba atta a fare incetta di premi ed a me personalmente non piacciono i prodotti troppo "laccati" (se prendete con le pinze e capite cosa voglio dire), ma è un grande film;

i ponti di madison county: è troppo harmony e comunque meryl è una buttanazza, ma è da vedere (anche se non penso che ci sia qualcuno che non l'ha visto, questo è il clint eastwood "laccato" e "moderno" che piace a tutti);

potere assoluto: qui preferisco più gene, che clint; 

mezzanotte nel giardino del bene e del male: il suo miglior film;

space cowboys;

mystic river;

million dollar baby;


dopodiché la sua filmografia non presenta più filmoni, ma filmetti. certamente: sono tutti laccati, elegantissimi, infiocchettati di brillantini e con la confezione d'oro, ma sempre filmetti rimangono. possono piacervi, mica no: si vede che vi piacciono i filmetti. la sua filmografia termina qui, perché poi appone il proprio nome mentre dorme / si mostra come rimbambito in film creati ad hoc per l'academy. comunque, cliccando l'etichetta clint eastwood potete sapere nel dettaglio cosa ne penso di tutta la sua produzione post-million dollar baby, film per film.

awake


il protagonista non sa se sta sognando o meno, dato che vive due realtà verosimili in cui svolge lo stesso mestiere (detective) e risolve casi intricati come l'aprire un cassetto del comodino. la differenza tra le due realtà è il colore: una tende al blu ovattato e piove spesso, l'altra praticamente è color seppia e fa caldo. probabilmente nella svolta finale si scoprirà che sono due personalità multiple di un ratto di fogna che solitamente sognava di essere un lavapiatti obeso uzbeko in svezia per lavoro. accattivante come immergere la mano nello scarico di una turca.