martedì 25 giugno 2013
shooter
i film con mark wahlberg di solito mi piacciono, questo in più aveva una storia da acquolina in bocca (mark è un marine deluso dagli stati uniti d'america perché nel momento del bisogno è stato abbandonato nel merdistan, dunque si è ritirato a vita privata in montagna a sparare ai cervi e parlare col suo fedele cane; il governo ha di nuovo bisogno di lui, che è il cecchino MIGLIORE DEL MONDO, per sventare un attentato al presidente degli stati uniti d'america DEL MONDO), però è tutto troppo prevedibile. oltre a ciò, il budget non regge il ritmo della storia ed a sua volta la storia non regge il ritmo in senso stretto. traduco: o servivano più soldi, o servivano più svolte nella trama, che è troppo lineare. alcuni spunti divertenti ci sono: il cattivo è un membro del congresso degli stati uniti, stato del montana, ovvero un grasso guerrafondaio che fuma sigari, ha la risata catarrosa, va in giro con le armi e trasuda cinismo e cattiveria da ogni poro, però è molto poco sfruttato ed il film ne risente eccome. è moscio.
comunque, un aspetto positivo ce l'ha: gli scontri, gli appostamenti del cecchino mark, etc sono stati lo spunto per call of duty.
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martedì, giugno 25, 2013
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lunedì 24 giugno 2013
i tre marmittoni
solo i fratelli farrelly (scemo & più scemo, tutti pazzi per mary, io me & irene, amore a prima svista, fratelli per la pelle, lo spaccacuori, libera uscita) potevano occuparsi della regia de i tre marmittoni, però questo non cambia il risultato: poca ispirazione, sketch e gag anticipati per tutto il tempo, ispirazione sotto i tacchi. mi spiace molto, adoro queste persone, mi fanno voler bene al cinema, però l'ispirazione sta proprio da un'altra parte.
per chi non sapesse nulla a riguardo: i tre marmittoni giravano negli anni '30 e sono andati avanti col vento in poppa fino ai '50; negli anni '60 sono arrivati peter sellers e woody allen, quindi la loro comicità ingenua alla stanlio e ollio è dovuta andare in pensione. se il film non fosse noioso ed infantile e se fosse riuscito, sarebbe qualcosa di non troppo distante dal bellissimo nostrato le comiche, con i due mostri che tutti conosciamo. mannaggia.
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lunedì, giugno 24, 2013
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sabato 22 giugno 2013
the bay
barry levinson passerà alla storia del cinema per aver diretto good morning vietnam, con robin williams, ma di film di alto livello ne ha girati più di qualcuno: tin men (lo raccomando a chiunque, è divertentissimo), rain man, rivelazioni, sleepers. per il resto cose egregie ma non da tramandare né raccomandare caldamente, solo cose oneste e degne di un mestierante, da consigliare solo a chi soffre di bulimia (presente). questo fino a 10/15 anni fa, perché negli ultimi 3 lustri ha girato solo stronzate: l'invidia del mio migliore amico (se non il peggior film con ben stiller poco ci manca), l'uomo dell'anno, disastro ad hollywood, ed ora questo. l'aggravante di quest'obbrobrio, a differenza delle altre stronzatine anonime è che qui non solo non siamo dalle parti dell'americanata da noleggio senza pretese, bensì le pretese sono altissime. la trama entra in un singolo lembo di carta igienica che viene dalla guerra fredda: gli imperialisti (non si precisa chi) e le multinazionali (non si precisa quali) hanno un solo interesse: fare soldi. così tutti fanno finta di nulla quando accade un incidente nucleare che sversa merda nel mare, precisamente in una baia; per di più un'azienda di pollame deposita tonnellate di escrementi di polli, che sono pieni di steroidi per far crescere i polli, e quindi... (rullo di tamburi) dei normalissimi pidocchi marini presenti nel pesce crescono grazie agli steroidi per colpa dei mutamenti genetici. ne consegue che il comunismo è l'unica soluzione e le multinazionali e il nucleare sono cose sbagliate, così come bush, berlusconi ed il giornale, go vegan.
solamente i mongoloidi del movimento 5 neuroni, coadiuvati da qualche tossico uscito da un centro sociale a caso, potrebbero accettare simili idiozie senza sbellicarsi dalle risate per il comico-involontario per poi mandare tutti a fanculo. negli anni '80 queste cose venivano girate, ma l'intento era girare B-MOVIES per far ridere la gente, non documentari senza sceneggiatura pretenziosissimi, credibili e seri come roberto faenza.
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sabato, giugno 22, 2013
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giovedì 20 giugno 2013
una famiglia perfetta
paolo genovese viene venduto come il regista de gli immaturi e relativo seguito, ma in realtà è il regista, insieme a luca miniero, del debutto-capolavoro INCANTESIMO NAPOLETANO. purtroppo, a quella piccola perla ha fatto seguito nessun messaggio in segreteria, un film con il quale non si viene bocciati, ma neanche promossi, e comunque rispetto al debutto è un deciso passo indietro, seppur per lo meno ancora rispettabile. da lì in poi, l'ecatombe: i già citati immaturi, poi questa notta è ancora nostra con vaporidis che a 30 anni continua a reiterare come un disco rotto la parte del diciottenne (anche perché: terminato quel ruolo, terminato lui) ed una stronzata con aldo, giovanni e giacomo che fanno smorfie da ritardati vestiti da babbi natale, che ovviamente ha incassato 20 e passa milioni. il successo evidentemente devi avergli fatto pensare che i suoi film siano belli, oppure crede d'avere il tocco magico o l'argento vivo addosso o un puntale natalizio ficcato su per dovenonbatteilsole, non lo so, ma comunque se ne esce con questo, che è il peggiore film che abbia mai partorito e lo è su tutti i fronti, da qualsiasi parte si veda la cosa. i primi due film erano autoriali, diretti da chi provava a mostrare una personalità senza strizzare l'occhio allo spettatore, e soprattutto il debutto nasceva da un'intuizione geniale, tipicamente cinematografica; tutti gli altri erano cinepanettoni o cinecocomeri, a seconda della stagione, che ottenevano un successo straordinario per il continuo ammiccare allo spettatore e battute del tenore di: "cazzo!", "che merda!!", "sei brutta!", "mortacci tua, stronzo!", "ma voj solo scopà!", insomma, le solite stronzate buone per digerire la cena al cinema, che vorrebbero far ridere ma non fanno ridere (a meno di essere ritardati, cresciuti in campagna, o della lazio). in questo, si torna al lampo, all'intuizione, all'idea: sergio castellitto per natale vuole affittare una compagnia di attori e pagarla profumatamente per farla essere la sua famiglia; lui ha scritto il copione ed ognuno ha il suo ruolo, e se rispetteranno la parte recitando H24 guadagneranno la paga, altrimenti ciao ciao soldini. naturalmente, sergio si rivela un infame, li tratta sempre malissimo e cerca di sabotarli, di snervarli, di mandarli fuori di testa, e fin qui il film, seppure nato da uno spunto sì degno, ma troppo flebile per definirlo idea, regge. il problema sorge quando poi si trasforma nell'ennesimo cinepanettone, con la farsa dei teatranti messa da parte in favore di !!!5 HAPPY ENDING!!! uno dietro l'altro, con le solite tirate sulla famiglia e sul rapporto tra marito e moglie in crisi (...), con gli attori che sorridono in camera e si abbracciano e cantano, e persino caratteristi e mestieranti più o meno degni come marco giallini si prestano a puttanate indegne, scene insultanti e dialoghi a metà tra l'imbarazzante e lo scabroso come: "perché tu vali. non ti devi buttare giù. credi in te stessa!" detto ad una pompinara cagna totale ed incapace a "recitare" persino nella pubblicità del kinder insieme all'atleta ciociaro andrew howe; alludo ovviamente alla figlia di laura morante. quel genere di cose fanno cascare le braccia, specie perché da principio le premesse erano lo spunto interessante che, ricordando il debutto per l'idea carina, senza far saltare nessuno dalla sedia faceva comunque pensare: "mhm, apperò". per un film natalizio l'idea era decente, sembrava una riedizione cinica e soprattutto rivoltata del prezzemolo natalizio dickens; alla fine, invece, il lievito la fa da padrone ed il panettone fa ampia mostra di sé, per di più con risultati pessimi: non ha incassato, è andato male, persino i bori analfabeti che solitamente sono la fetta di mercato queste porcate (babbi natale/immaturi) hanno disertato la sala.
castellitto comunque è in assoluto il peggiore di tutti perché ha impiegato 20 anni per costruirsi una carriera più o meno decente ed in pochissimo tempo tra stronzate come questa e le puttanate colossali in odor di teletubbies/susanna tamaro/gente col cancro al cervello che abortisce quella cerebroguasta di sua moglie margaret mazzantini sta bruciando una carriera. fa letteralmente pena.
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giovedì, giugno 20, 2013
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mercoledì 19 giugno 2013
breaking bad
non so come mai io abbia tenuto per 2 anni la bozza di breaking bad, boh, forse perché me l'ero persa a pagina 3. comunque sia: è il miglior telefilm degli ultimi anni perché combina alla perfezione nerdismi vari (chimica for dummies, adolescenti e droga) con l'intrattenimento on the road (nonostante il protagonista insegni chimica è un figo della madonna tipo fox mulder in x-files o, stesso ruolo but different location, californication) e la capacità di far ridere veramente, non con le stronzate da sit-com medio-tedio tipo big bang theory e altre cose sorpassatissime per via delle risate fittizie, il pubblico presente alle registrazioni delle puntate in "diretta", gli applausi finti durante la puntata, gli "oooohhhh!" e roba che puzza tanto di anni '80. quel genere di cose hanno detto tutto negli anni '70 (alcuni a volte li dimenticano, ma c'erano dei telefilm fantastici!) e '80; proprio a voler stringere si può arrivare agli anni '90 ed i primi anni duemila con friends, che a mio modo di vedere ha sancito la FINE delle sit-com del secondo millennio. nel terzo millennio i telefilm non sono più stupidi, così come lo poteva essere miami vice, sono cervellotici, intricatissimi, con una componente psycho anche nelle commedie rosa (il che è tutto dire, una volta sarebbe stato impossibile), in una parola: sono molto più vicini al cinema che in passato, anzi a spesso e volentieri anche migliori del cinema vero e proprio.
breaking bad quindi è uno di quei telefilm che rappresenta l'inizio del nostro millennio e forse lo è più di lost, che negli anni '60 in america sarebbe potuto tranquillamente esistere (invece questo assolutamente NO), specie se si pensa che in quegli anni, ma forse ancor di più nel decennio precedente, nel mondo c'era il boom della fantascienza e realtà parallele praticamente ovunque (al cinema, ma anche su carta: chi ha pensato a urania?).
è vero che breaking bad non potrà mai essere quello che è stato CSI per i telefilm del terzo millennio (CSI = big bang), nonostante ciò rappresenta in modo migliore questi anni: siamo tutti un po' psycho se si presenta l'occasione, ma soprattutto: l'assunto che i soldi giustificano qualsiasi cosa ed hanno completamente sdoganato concetti come dignità, integrità, rispettabilità e reputazione è ormai dato per assodato in tutte le latitudini e longitudini del globo, quindi essendo tutti asserviti al dio denaro possiamo fare qualsiasi cosa ed avere comunque, in ogni caso, una ragione per stare dalla parte dei giusti (tengo famiglia goes on).
per il resto, le etichette dicono tutto quel che c'è da sapere riguardo gli argomenti trattati nella serie, che naturalmente consiglio a mani basse a chiunque (NOTA DAL FUTURO: scrivo due anni nel futuro per dire che so benissimo che ormai tutti conoscono questa serie, ma non mi andava di cancellare qualcosa del passato perché non credo sia saggio interferire con quello che è accaduto nel passato, ritorno al futuro mi ha insegnato qualcosa).
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mercoledì, giugno 19, 2013
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martedì 18 giugno 2013
brooklyn's finest
antoine fuqua è un osservato speciale da training day in poi perché quello è un filmone che chiunque dovrebbe guardare almeno una volta nella vita. ha diretto anche un altro film passato alla storia: shooter, con mark wahlberg, e per chi non sapesse nulla a riguardo, basti questo: è stata la fonte di ispirazione per call of duty, quindi ho detto tutto. per il resto, purtroppo, sempre un mare di nulla. king arthur è soporifero, mentre da un regista bam bam bam del genere era lecito aspettarsi fuoco e fiamme, magari però non in quel contesto medievale; l'ultima alba è lolloni dimenticati da dio con bruce willis e monica bellucci. questo è il suo penultimo film ed ultimamente è stato al cinema con attacco al potere (titolo originale olympus has fallen, da non confondere con l'attacco al potere di qualche anno fa con denzel, stravolto anche quello ché il titolo originale era the siege), con gerard butler come protagonista.
come potete immaginare dal titolo e dalla locandina: antoine fuqua torna all'ovile: siamo di nuovo dalle parti di training day, solo che sono passati gli anni, quindi ethan è invecchiato, meno idealista e tende a badare al sodo. solo che non è girato come training day, ovvero intrattenimento mode: ON, bensì con il mood di cose tipo crash contatto fisico, ovvero di chi mette in scena cose insulse come attori col broncio e cose insipide come varie sfaccettature della personalità, quindi il ritmo manca e ci si annoia. poteva essere un bellissimo film di sparatorie e droga con personaggi monodimensionali intenti a sparare gridando, invece commette l'errore imperdonabile di darsi arie, quindi se persino un regista del genere inizia ad atteggiarsi è la fine. è un peccato, perché il cast c'era.
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martedì, giugno 18, 2013
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lunedì 17 giugno 2013
django unchained
da molto, molto tempo non chiedo più nulla a tarantino dato che dopo il sincero, riuscitissimo jackie brown (migliore rispetto al libro di leonard), film di un regista che prova seriamente a fare l'autore infischiandosene di quello che il volgo gli chiede, è diventato una foca ammaestrata: quelle stronzata di kill bill è l'opera di chi palleggia con il muso mentre la gente gli urla: "ancora!", "ed ora fai questo!", "bis! bis!!". jackie brown variava la minestra, proponeva spunti diversi dal solito, riusciva nell'impresa di STUPIRE lo spettatore con scene non troppo prevedibili (mi piacciono gli eufemismi) e per quintino la cosa è quasi un miracolo; kill bill è esattamente la stronzata che un qualsiasi tarantino_wannabe avrebbe tirato fuori dopo un duro lavoro, ed annoia a morte. da lì in poi, l'abisso: stronzate pettinate dalla parte degli ebrei (cosa c'è di peggio al mondo che fare cinema che titilla gli ebrei?), reiterazione dei soliti, prevedibili stilemi oltre il senso del ridicolo, per giunta raschiando il fondo del barile.
ormai so benissimo che davanti a me c'è un regista qualunque, che a grandi livelli ha deluso e che davanti a sé ne ha, non so, qualcosa come due o tre centinaia. dunque, con queste premesse, ad un ritardato con problemi gravi a cui non ho più nulla da chiedere mi approccio in cotal modo: imposto il cervello su OFF e mi riposo. e tarantino è ancora un buon regista per digerire la cena, anche perché da tempo ormai tomas milian non lavora più e carlo vanzina è sceso di livello.
ah. ultima cosa. ho visto più volte tutta la filmografia di spike lee, regista che adoro anche quando gira film che non sembrano affatto girati da lui (inside man) (ahahahah!), però con quella tirata contro tarantino, che sarebbe "razzista" perché, come al solito, riduce la schiavitù dei negri ad un banale "spaghetti movie", dice un'emerita stronzata; evidentemente non riesce ad andare al di là del fatto che nel film pronunciano "negro" e non "afroamericano" (un negro colombiano o jamaicano è afroamericano?). sbaglia in pieno, perché l'aspetto più interessante del film, diciamo l'unico, vi è proprio quando viene sottolineato quanto i negri abbiano sofferto e siano stati torturati ed esposti al pubblico ludibrio per divertimento/noia, nondimeno inscenando un ku klux klan in odore dei nazisti dell'illinois. spike ha toppato in pieno.
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lunedì, giugno 17, 2013
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colombiana
luc besson in veste di produttore e grand visir affida la regia ad un senza nome e confeziona colombiana, in odore di nikita. le uniche differenze sono: alla regia non c'è lui ed il film vale poco meno dello sporco che si accumula sotto un'unghia dopo una giornata di lavoro nell'orto, la protagonista ruba/uccide per vendetta. per i fans del genere (presente) la visione è affordabile, ma solo se veramente affezionati (presente), perché non offre spunti di sorta, la storia del resto è quello che è, anche se a livello di azione, ritmo (serrato) e fotografia non ci si può proprio lamentare.
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lunedì, giugno 17, 2013
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venerdì 14 giugno 2013
le fate ignoranti
le fate ignoranti è l'unico film di ferzan ozpetek che valga la pena ricordare, oltre ad il bagno turco, suo debutto con alessandro gassman, che presentava qualche sintomo ma non la malattia che rappresenta il frocio turco al cinema, ovvero: scimmiottamento di almodovar, girotondo con i protagonisti a tavola, carrellata sui pasticcini. dopo questo film, perché per lo meno questo lo si può definire ancora un film a prescindere dai pareri personali, il diluvio universale: la finestra di fronte è un'esilissima storiella che, a scriverla, entra nel retro di un francobollo ed avanza spazio e se non fosse per il continuo comico-involontario (che per lo meno faceva uscire dal cinema con un umore pazzesco) verrebbe voglia di smontarla per farla diventare: la finestra in fronte; cuore sacro peggiora, se possibile, ulteriormente il livello attenuando il comico-involontario in favore di un insolente sostrato insultante, quindi al termine della visione ci vuole il maalox (per quelli che al termine della visione ci sono arrivati); dopo due tonfi pazzeschi, uno dietro l'altro, la checca si sente messa alle strette, la cosa inizia a piacergli e sforna saturno contro, uno sbadiglio per via delle idee_zero seppellisce il suo ritorno all'ovile; dunque, siccome la mente ormai da anni è persa e obnubilata da incommensurabile sovrastima di sé, lascia l'ovile per dedicarsi ad un'intramuscolo: un giorno perfetto (un auspicio?), sul quale credo d'aver detto tutto con la "recensione" e relative fotine esplicative; con mine vaganti si torna all'ovile ma per poco: si rimescola la minestra, cambiando qualche attore/incastro ed a forza di rimescolare il piatto non sta in piedi, se non per le coppiette coatte analfabete e proletarie che, desiderose di un film impegnato (non è una battuta) si dirigono verso quei lidi, perché la fascia di mercato di questo "regista" è costituita per la maggioranza da queste persone: le coppiette coatte analfabete (quando sceglie lei, ovvero quando si prendono una vacanza da bruce willis), le checche e le obese col gatto. magnifica presenza è l'ovvio passo più lungo della gamba e nel prossimo futuro lo attendiamo con l'ennesimo imperdibile protagonista intento a mangiare pasticcini e perdersi in "battute" sui gay che parrebbero prese da un cinepanettone medio-basso.
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venerdì, giugno 14, 2013
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giovedì 13 giugno 2013
romanzo di una strage
marco tullio ostilio giordana quando si allontana dall'inchiesta e dai fatti di cronaca ben precisi, come in quando sei nato non puoi più nasconderti, fa tonfi nell'acqua destinati a cadere nel dimenticatoio; è un regista d'inchiesta, pertanto ha senso solo ed esclusivamente in quell'ambito. tralasciando sangue pazzo che all'interno della sua produzione possiamo definire come scorreggina fuori contesto, pasolini delitto italiano mi ha annoiato, i cento passi mi ha fatto ridere per il comico involontario e l'ipocrisia di fondo di quei terroni cialtroni che ancora ciarlano riguardo l'utopia di "combattere" la mafia (quando invece è da ringraziare e tenersela stretta), con la meglio gioventù invece mi ha piacevolmente stupito, lo ho apprezzato davvero, e questo perché quel film per la televisione, fiction rai, era ammantato da forti connotati familiari, sembrava quasi di vedere un lungo spot della barilla della durata di 10 ore, diciamo. ah, l'accezione in questo caso è positiva.
quando, invece, come in questo caso, giordana si dedica al cinema d'inchiesta tout-court, finisce per annoiarmi per varie ragioni: la prima è che è una zecca di merda ed i suoi film, così come tutte le zecche, sono di parte, lontani dal rispetto per la democrazia, lontano dalla verità, ammantati da cazzate moraliste d'accatto del "volemose bene" e "coccoliamo i negri", come sono soliti fare quegli sporchi parassiti che ammorbano il nostro paese; la seconda ragione è che questo particolare settore del cinema italiano, settore che reputo nobile e che seguo assiduamente, ha dato il meglio 40 o 50 anni fa, di certo non oggi. se 40 anni fa, mentre accadevano fatti deprecabili, dei registi coraggiosi sfidavano il potere (le virgolette qui e altrove aggiungetele voi) raccontando quel che accadeva a loro in quel preciso momento storico, servendosi per altro di autentici mostri come gian maria volonté, il risultato era questo: ammirare dei film potentissimi, che mietevano premi in lungo e in largo in europa e nel mondo (non le cazzatelle come i david donatello che vince giordana, per capirci), e tantissime persone finirono per ammirare e ricordare certi prodotti per decadi intere.
giordana, invece, siccome non ha attributi ed è il solito comunista che guarda al passato col broncio mentre indossa una giacca a quadri con le toppe sui gomiti (sospetto abbia anche la forfora), non racconta ciò che accade di brutto oggi, bensì quello che accadeva in quegli anni, di fatto "scontrandosi" con nessuno, perché a nessuno fotte sega di vedere un documentario su piazza fontana quando qualsiasi italiano che non sia ritardato o under-15 sa già benissimo tutto riguardo l'accaduto. potrebbe girare un film d'inchiesta sull'ilva a taranto, magari una cosa tipo erin brockovich per capirci, con tanto di attoroni internazionali, ed il mondo guarderebbe a noi e lui otterrebbe premi e chi di dovere lì a taranto magari (forse) stringerebbe le chiappette (spero che tutto il marcio che stan perpetrando a taranto ricada su di loro, non sulla loro stirpe: su di loro). questo perché lottare contro il potere presente vuol dire avere attributi ed acquisire valore storico, oltre che meramente cinematografico (se si hanno le capacità, chiaro); al contrario, "lottare" contro il potere di 40 o 50 anni fa non vuol dire nulla, perché la verità è che oggi a nessuno frega un cazzo di quel che è accaduto al povero pinelli. a qualcuno ancora ancora interessa qualcosa dell'ilva, dunque avrebbe più senso parlar di quello.
tutto questo è un vero peccato, perché il cast comprende mastandrea, colangeli, gifuni, tirabassi, zingaretti, favino, michela cescon e lo cascio, ovvero più o meno tutto il meglio che l'italia può offrire.
quando, invece, come in questo caso, giordana si dedica al cinema d'inchiesta tout-court, finisce per annoiarmi per varie ragioni: la prima è che è una zecca di merda ed i suoi film, così come tutte le zecche, sono di parte, lontani dal rispetto per la democrazia, lontano dalla verità, ammantati da cazzate moraliste d'accatto del "volemose bene" e "coccoliamo i negri", come sono soliti fare quegli sporchi parassiti che ammorbano il nostro paese; la seconda ragione è che questo particolare settore del cinema italiano, settore che reputo nobile e che seguo assiduamente, ha dato il meglio 40 o 50 anni fa, di certo non oggi. se 40 anni fa, mentre accadevano fatti deprecabili, dei registi coraggiosi sfidavano il potere (le virgolette qui e altrove aggiungetele voi) raccontando quel che accadeva a loro in quel preciso momento storico, servendosi per altro di autentici mostri come gian maria volonté, il risultato era questo: ammirare dei film potentissimi, che mietevano premi in lungo e in largo in europa e nel mondo (non le cazzatelle come i david donatello che vince giordana, per capirci), e tantissime persone finirono per ammirare e ricordare certi prodotti per decadi intere.
giordana, invece, siccome non ha attributi ed è il solito comunista che guarda al passato col broncio mentre indossa una giacca a quadri con le toppe sui gomiti (sospetto abbia anche la forfora), non racconta ciò che accade di brutto oggi, bensì quello che accadeva in quegli anni, di fatto "scontrandosi" con nessuno, perché a nessuno fotte sega di vedere un documentario su piazza fontana quando qualsiasi italiano che non sia ritardato o under-15 sa già benissimo tutto riguardo l'accaduto. potrebbe girare un film d'inchiesta sull'ilva a taranto, magari una cosa tipo erin brockovich per capirci, con tanto di attoroni internazionali, ed il mondo guarderebbe a noi e lui otterrebbe premi e chi di dovere lì a taranto magari (forse) stringerebbe le chiappette (spero che tutto il marcio che stan perpetrando a taranto ricada su di loro, non sulla loro stirpe: su di loro). questo perché lottare contro il potere presente vuol dire avere attributi ed acquisire valore storico, oltre che meramente cinematografico (se si hanno le capacità, chiaro); al contrario, "lottare" contro il potere di 40 o 50 anni fa non vuol dire nulla, perché la verità è che oggi a nessuno frega un cazzo di quel che è accaduto al povero pinelli. a qualcuno ancora ancora interessa qualcosa dell'ilva, dunque avrebbe più senso parlar di quello.
tutto questo è un vero peccato, perché il cast comprende mastandrea, colangeli, gifuni, tirabassi, zingaretti, favino, michela cescon e lo cascio, ovvero più o meno tutto il meglio che l'italia può offrire.
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giovedì, giugno 13, 2013
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la leggenda del cacciatore di vampiri
il regista è quello de i guardiani del giorno e wanted. la storia è stupidissima: tutti conosciamo lincoln perché è stato presidente degli stati uniti (e poi la metà di quelli che lo conoscono sanno che lo è stato) durante la guerra tra nord e sud ed (infine una minima parte sanno anche che) ha contribuito profondamente ad abolire la schiavitù, ma nessuno sa che dava la caccia ai vampiri, che nel film sono i texani sudisti e razzisti. fantastica, letteralmente fantastica. una trama del genere, anche solo per il coraggio di proporla seriamente al cinema, è da standing ovation. purtroppo però il film non mantiene le aspettative: se il punto di partenza è così stupido, era lecito attendersi più divertimento, più battute, più stronzate. invece ogni tanto perdono tempo a parlare della schiavitù, della guerra, del destino degli stati uniti. oltre a ciò, le scene di lotta sono derivative: ai tempi di matrix ci spellavamo le mani a forza d'applausi, invece oggi sbadigliamo perché chiediamo qualcosa in più. valeva la pena solo al cinema, poi è trascurabile.
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giovedì, giugno 13, 2013
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mercoledì 12 giugno 2013
senza arte né parte
come fiction rai sarebbe quasi discreta, accettabile. il cast non è canide: battiston, la finocchiaro siciliana, vincenzo salemme in quello che sa fare (divertire). purtroppo, la pecca principale di queste produzioni è sempre la stessa: regia, sceneggiatura e fotografia sembrano amatoriali se paragonate ai prodotti blockbuster americani della stessa fascia di mercato. forse in un lunedì sera invernale in cui piove quindi si salta la lezione di danza/palestra allora si può guardare.
domenica 9 giugno 2013
una notte da leoni 3
il primo l'ho visto al cinema senza aspettarmi nulla ed era una piacevole sorpresa, davvero divertente; dal secondo continuavo a non aspettarmi nulla ché solitamente i seguiti sono inferiori, eppure era carino; il terzo è esattamente come se lo immaginavano tutti: caporetto, una disfatta totale. la cosa più avvilente, oltre all'anticipare le scene e le battute di vari minuti, è stata vedere il grassone auto-citarsi e/o copiare persino infimi filmacci di serie q tipo il disastroso remake americano de la cena dei cretini (...). capisco che nessuno di loro, regista compreso, avesse chissà quale voglia di prestarsi all'ennesimo seguito, ma con i vagoni di soldi che han preso e per rispetto del prezzo del biglietto avrebbero potuto metterci quel briciolo di impegno in più, invece di qualcosa tipo voja de lavorà sartame addosso. in sala ridevano (a voce alta, cercando di farsi sentire da tutti per far rivelare al volgo l'imprescindibile verità: loro si divertivano) solo evidenti teletubbies e deneuronati under con la paghetta in tasca.
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domenica, giugno 09, 2013
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sabato 8 giugno 2013
faccio un salto a l'avana
è una merda. partono dal mastodonte riusciranno i nostri eroi... con sordi e manfredi: brignano fa sordi e pannofino fa mandredi. sarebbe troppo comodo e banale scrivere una tirata sul fatto che evidentemente pannofino non è mandredi, per non parlare del fatto che pur partendo da quel capolavoro si mantengono sempre sul leggero a confini con l'esile e non c'è la minima pretesa di girare grande commedia d'autore, quindi siccome sarebbe troppo comodo non dico nulla, anzi: pannofino non sarà un attore, ma a me piace: in boris l'ho adorato e in notturno bus mi ha divertito parecchio. certo, brignano oltre a non essere un attore davanti la macchina da presa è proprio un canide indifendibile, però queste due persone sono in grado di far ridere la gente, dunque le premesse per ridere non pensando a nulla c'erano tutte, invece questa roba è indifendibile. c'è la tipa che fa le imitazioni a quelli che il calcio dell'era victoria ed è relegata non ad un consono e rispettabile ruolo di caratterista come potevano essere carotenuto ed altri, ma ad umiliante macchietta come potevano essere jimmy il fenomeno ed ennio antonelli; sia chiaro, questa è gente che ho comunque amato in altre sedi, ma jimmy era HANDICAPPATO veramente e più di tanto non poteva dare, quell'attrice invece è bravissima dunque è un delitto sprecarla per quella stronzata di "ruolo". il problema più grave è che invece d'averci messo un po' di impegno ed una professionalità minima si sono limitati al compitino dei cinepanettoni (categoria che io difenderò fino allo stremo, con argomentazioni da vendere), ovvero il modus operandi de "buona la prima!" lungo tutta la genesi del film, pure se viene inquadrato per sbaglio un passante negro che guarda in camera ed ipotetiche cose di questo genere. gli spunti per qualcosa di divertente qui c'erano tutti ed i talenti comici anche, eppure hanno fatto un tonfo nell'acqua per la troppa sveltezza d'eiaculazione precoce, come in alcuni film raffazzonati e troppo sbrigativi con lino bènfi. peccato.
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vanessa
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sabato, giugno 08, 2013
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sordi alberto
venerdì 7 giugno 2013
io sono li
il cinema del nord-est mi piace. la caratterizzazione da commedia di certi personaggi alla lingua del santo è riuscita, anche se qui non sono sui 40/50 ma tutti dai 60 in su. non ci sono gli psycho di primo amore di matteo garrone, ma certe nebbie e certi umori della bassa sì, anche se questo film non strizza mai all'autorialità pretenziosa, rimane sempre con i piedi ben piantati per terra. sarà che ho proprio un debole per il cinema ambientato in veneto, vedi la giusta distanza, l'aria salata e apnea, ma la venezia mostrata qui mi è piaciuta parecchio, nonostante la storia non sia nulla di che e da raccontare di ci sia proprio poco: una cinese lavora comandata dalla mafia cinese, che la mette a fare la sarta da una parte, poi la barista da un'altra e così via. deve risarcire i suoi datori di lavoro per molti molti soldi (non è dato sapere quanto) per poter far venire in italia il figlio piccolo, cosa di cui chiaramente si occuperebbero loro. per quasi tutto il tempo ha il muso, ma quando i vecchi veneziani scorreggiano o dicono frasi pregne di saggezza lei sorride. poi torna a guardare il vuoto. ecco, vedete? apparentemente, nulla di interessante ed una storia proprio insipida, di quelle che passano e nessuno se ne cura al cinema (chiaramente non parlo di grande distribuzione, bensì alludo a tutti quegli appassionati da cinema d'essai: neanche noi ce ne curiamo di cose come questa, che ho visto io e la madre del regista), ma l'ambientazione, il dialetto usato, la nebbia, l'umidità e la malinconia me lo fa apprezzare comunque. si tende un po' alla noia.
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venerdì, giugno 07, 2013
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mercoledì 5 giugno 2013
veronica guerin
avere a disposizione come protagonista cate blanchett ed imbruttirla facendole indossare abiti maschili, fa la giornalista d'inchiesta, e mostrandola con un taglio di capelli orribile è una scelta pessima: non sfruttare la potenza della sua bellezza è un delitto. la trama in teoria non è male: in irlanda una giornalista determinata nella ricerca della verità non si piega davanti i criminali né davanti i potenti, solo che veronica guerin è diventata famosa col senno del poi (...) ed il film è dedicato alla sua memoria. dicevo "in teoria" perché in pratica la resa del film è pessima e fa passare una svolta come la sua morte come bere un bicchiere d'acqua panna: scivola via senza farsi notare. registicamente questo è il nulla, è l'anti-cinema. le inchieste giornalistiche tout court vanno bene sulla carta e poi ci si incarta il pesce, di certo non al cinema, che fino a prova contraria è altra cosa.
oltre a ciò, tenderei a far notare una cosa che altrove non viene raccontata: mettendo da parte le opinioni sul film, se mi addentro seriamente nella questione (giornalismo d'inchiesta contro il consumo di droga in irlanda) per quale motivo bisogna andare contro la droga? che senso ha fare giornalismo denunciando chi spaccia droga? chi spaccia droga, lo fa perché si guadagna tanto. e con quei soldi manda i figli a scuola, compra loro i giocattoli, dà un futuro migliore che altrimenti non avrebbero. non tutti hanno la fortuna di avere genitori facoltosi. oltre a ciò, l'acqua calda: la gente vuole la droga, è un vizio inviolabile come il fumare le sigarette, bere il vino a tavola o guardare le partite di calcio in tv. dunque il mondo non farà mai passi in avanti se si guarderà con spregio chi foraggia quel mercato. al limite che si vada a chiedere a chi ne fa uso per quale ragione lo fa e se, eventualmente, può farne a meno. a quel punto noi diremmo: perché dovrei farne a meno? tu puoi fare a meno di un tuo hobby? perché non la smetti di rompere i coglioni e te ne vai a fanculo? ecco, seriamente parlando credo che chi si batte contro i vizi della razza umana sia un demente, dunque non mi spiace affatto che una "giornalista" come veronica guerin sia sparita dalla faccia della terra.
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mercoledì, giugno 05, 2013
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martedì 4 giugno 2013
the master
è un passo indietro rispetto al capolavoro there will be blood, uscito da noi come il petroliere e liberamente ispirato al libro "oil!" di upton sinclair (l'autore de la giungla, che vi raccomando più di oil). le pregevoli prove attoriali offerte da joaquin phoenix e philip seymour hoffman tendono ad essere fuorvianti, a far rimanere a bocca aperta distogliendo l'attenzione dal nocciolo: l'impianto narrativo è lento e nella seconda metà alcune lungaggini, complice anche l'assenza di svolte o colpi di scena, tendono a portare altrove lo spettatore, messo a dura prova da una narrazione altalenante che non affonda né in scientology né sui reduci di guerra e relativi disturbi né sul bisogno umano di una guida né sul rapporto morboso che si viene a creare tra predicatore e discepolo. certo, mi rendo conto che improntare il film interamente su scientology (il laido paglierino interpreta il guru della setta "the cause") avrebbe ridotto il tutto a cinema d'inchiesta, quindi affondando i piedi nella realtà e nella cronaca forse si sarebbe persa l'inquietante sfaccettatura del personaggio di phoenix e molto altro; invece, il dire e non dire lascia lo spettatore nel suo brodo dando il campo a varie interpretazioni. probabilmente anderson ha fatto la scelta migliore ed una risposta non ci sarà mai data l'impossibilità di una contro-prova, ma data la pesantezza della proposta e soprattutto della sua resa continuo ad avere quest'impressione.
paul thomas anderson, il regista, continua a mostrarsi grande direttore d'orchestra: lascia ampio spazio agli attori, che possono sfoderare tutto il loro talento, soprattutto phoenix dato che è l'unico personaggio cerebrale (ci tornerò poi), continua ad illuminare gli occhi grazie ad una fotografia rimarchevole, però, allo stesso modo, nonostante passino gli anni ed i film (boogie nights, magnolia, quella stronzata di ubriaco d'amore ed il già citato petroliere), continua a dirigere film narrativamente pachidermici e che necessitano di notevole sforzo. questo non vuol dire che da un momento all'altro dovrebbe spuntare ben stiller intento a scorreggiare e cameron diaz con un cabaret intenta a gridare: "chi vuole questi cheeeeeeseburger???": vuol banalmente dire che si possono comunicare le stesse cose negli stessi film risultando meno contorto, questo perché fare dell'arte non vuol dire essere per forza arzigogolati e complessi. ma non credo che con gli anni migliorerà la cosa, anzi.
infine sugli attori e sul ruolo cerebrale di phoenix: ho letto che il personaggio di joaquin è animalesco, materiale e non cerebrale, mentre il personaggio di p.s. hoffman sarebbe cerebrale dato che interpreta un intellettuale scrittore filosofo fisico nucleare predicatore saggio. chi lo ha fatto, sbaglia: in realtà, è esatto il contrario. anche in questo film, così come nel precedente, c'è il ruolo del figlio di giuda, cioè dell'impostore: questi sarebbe il biondo grassone. la sua è tutta menzogna, è una messa in scena, dunque di "profondo" non v'è nulla dietro il suo personaggio, dato che questi finge tutto quanto e lo fa perché in questo modo può evitare di lavorare (predica e basta) e soprattutto di bere, ballare, cantare, ubriacarsi e scopare a destra e a manca (la moglie se ne lamenta). phoenix invece è letteralmente devastato dalla profondità del suo personaggio, perché è un vero reduce di guerra, con un'infanzia tormentata (incesto), col rimorso per l'amore (l'ha lasciata, se ne è pentito, ha detto che tornerà da lei ma non lo fa), eccetera. il personaggio che ha sfaccettature, che ha realmente qualcosa da dire, che soffre e che rappresenta la condizione umana è uno; l'altro è fumo negli occhi e stop.
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martedì, giugno 04, 2013
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promised land
raccapricciante. gus van sant è alla frutta. ho già detto che lo preferisco quando gira film normali (cowgirl il nuovo sesso, will hunting genio ribelle, da morire, milk) e meno quando gira film non-film (gerry, elephant, paranoid park). ribadendo che quando invece gira film stronzi (last days, l'urlo) lo detesto proprio. il problema di quest'obbrorio è l'essere un nuovo ibrido: mescola l'insulsaggine del suo essere stronzo col suo aspetto più overground, quello da will hunting, insomma.
c'è matt damon che gira l'america per una società che estrae il gas naturale demolendo la terra, avvelenando le falde acquifere, uccidendo animali e tutto il solito sottobosco di tirate ecologiste che conoscete benissimo. diventa qualcuno. lo chiamano ai piani alti di altre multinazionali, pronti a dargli contratti a sei o sette zeri. arriva uno che gli fa vedere la foto di una mucca avvelenata e morta per terra e, in parole povere, cambia idea, manda all'aria tutto e si mette dalla parte della gente. d'oh?? per anni, dunque, avrebbe lavorato al servizio del male IGNARO di tutto, perché lui "credeva in quello che faceva" (testuali), perché era INGENUO? e come poteva uno squalo delle multinazionali non sapere nulla ed essere ingenuo?
pensate a cosa possa voler dire guardare per 2 ore una stronzata del genere che termina con la morale ecologista da teletubbies del menga. poi chiaramente queste sono le stesse persone che prima ti dicono queste stronzate facendoti pure la lezioncina, poi se ne stanno a los angeles a trombare frotte di puttane nella loro magione in collina con annesso panorama in città e su mulholland drive sfrecciano con 4000 cavalli sotto al culo. e ci sono coglioni che si bevono tutto prendendoli pure sul serio. boh.
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martedì, giugno 04, 2013
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sabato 1 giugno 2013
la scelta di barbara
un altro le vite degli altri, però questa volta si cambia punto di osservazione: non il cacciatore, bensì il cacciato. certo, è un film molto più semplice, lineare, meno autoriale, con molte meno vette registiche (basti ricordare che le vite degli altri finisce mezz'ora prima della fine, per poi riuscire a mantenere alto l'interesse con nuovi ed altri "finali") e con attori meno bravi, ma pur essendo un film minore si fa apprezzare e ve lo consiglio.
una vita tranquilla
toni servillo interpreta un cuoco terrone in germania dal passato violento: infatti, questa è la versione pasta & fasuli di a history of violence. claudio cupellini, il regista, su cui diciamo subito che non è cronenberg, annovera nel suo passato pellicole del calibro di 442 e lezioni di cioccolato, ed ho detto tutto. non è pessimo, ma al termine della visione non lascia nulla.
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sabato, giugno 01, 2013
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lincoln
chi frequenta queste pagine sa benissimo che spilbe è uno dei miei autori preferiti e consiglierei lincoln perché è un film da vedere, un film che da ogni inquadratura trasuda la sua importanza, ecco: si ha sempre la netta sensazione di rimirare qualcosa di importante, di alto livello, dal talento innato, eccetera. però ci sono dei difetti, anche banali, che non sono trascurabili: a tratti è soporifero, i dialoghi sono brillanti e notevoli solo in pochi casi perché per lo più c'è accademia e sfoggio di bravura da parte di mostri (comunque sia, ad avercene eh), il film è troppo lungo e soprattutto quando si narra qualcosa di conosciuto come un film su LINCOLN e l'abolizione della schiavitù in america si sta sui carboni ardenti: lo spettatore sa già tutto, conosce tutto nei minimi dettagli (a meno che non abbia frequentato le scuole dell'obbligo, ma questo è altro discorso), dunque è naturale annoiarsi. ma questo accade con quasi tutti i film storici, a meno che non abbiano, di tanto in tanto, quelle scene magari furbe, ma utili ad evitare di perdere l'attenzione; altrimenti, è come guardare una partita di calcio conoscendo già il risultato finale ed a meno di essere stefano mauri la qual cosa non è che faccia poi tanto piacere.
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sabato, giugno 01, 2013
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spielberg
venerdì 31 maggio 2013
è stato il figlio
daniele ciprì ha dato il meglio di sé in coppia con maresco e tra 50 anni verranno ricordati per totò che visse due volte e soprattutto per la loro cinico tv resa famosa da blob. come regista, da solo, non vale molto più di nulla. il talento evidente ce l'ha nella fotografia e se ne accorgerebbe anche un cieco, però un film del genere, che tratti con toni ironici e grotteschi la mafia dovrebbe riuscire a far ridere e molto, proprio perché più la base di partenza è drammatica e tragica e più in chiave comica induce al riso, ma la resa in questo caso è scadente perché manca totalmente di ritmo, le vicende sono raccontate con la flemma tipica dei terroni che non tencono vogghia di faticare pcché fa caldo, dunque, complice la canicola data da tale flemma filmica, ci si scopre a ronfare alla grande. per ciprì questo è un tonfo nell'acqua, da lui era lecito aspettarsi qualcosa di maggior livello, ed infatti il pubblico se n'è accorto (al cinema non c'era, e se c'era dormiva). toni servillo, però, per una volta non reitera il ruolo dell'annoiato noioso che ammorba il cinema italiano da le conseguenze dell'amore in poi.
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venerdì, maggio 31, 2013
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skyfall
javier bardem nel ruolo di villain psicopatico con la morte nel cuore è qualcosa, ed a suo modo è anche divertente. è migliore di casino royale per due ragioni: lo spottone accorato verso londra bendispone e, soprattutto, l'andare a scavare nell'infanzia di james bond e sulla sua famiglia. laddove casino royale apriva il cerchio, questo lo chiude, ed anche solo per questa ragione si fa apprezzare di più. il migliore degli 007 con daniel craig è quantum of solace, che difficilmente verrà superato in futuro.
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venerdì, maggio 31, 2013
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giovedì 30 maggio 2013
iron man 3
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giovedì, maggio 30, 2013
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la finestra di fronte
ahahahahahah!!! questa roba si fatica a definirla "film". ferzan ozpetek è un pazzo: la finestra sul cortile in salsa loboto-romantica, con la mezzogiorno che alterna sguardi languidi a sguardi persi nel vuoto, mentre un raoul bova in evidente affanno si improvvisa timido ed inesperto con le ragazze: certo, ottima scelta far fare l'uomo timido, introverso ed inesperto con le donne ad un sex symbol. il film così risulta credibile, non è che la gente scoppia a ridere. questo turco ha girato un solo film degno.
chiudo con una domanda: ma quella cosa schifosa, quell'essere dal sesso indefinito, quella creatura delle tenebre che ricorda la madre di shrek, quell'abominio sempre presente come il prezzemolo e costantemente inutile non sta sulle palle anche a voi?
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vanessa
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giovedì, maggio 30, 2013
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